Gli ozii di Tahiti non avevano giovato allo spirito marinaresco dell’equipaggio del Bounty. La missione del Bounty era di raccogliere un migliaio di piantine dell’Albero del Pane (Artocarpus Altilis – affine al gelso, che in italiano mantiene la denominazione panassa derivato direttamente per le misteriose vie del linguaggio dall’antico sanscrito panasa). Il piano gestito dall’Ammiragliato inglese era di trapiantare i virgulti nelle Indie Occidentali per farne nutrimento della crescente popolazione di schiavi al lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero. Cinque mesi da giardinieri ai tropici non solo avevano fiaccato nel fisico i marinai, ma li avevano soprattutto persuasi – qualora ve ne fosse stato bisogno – che la vita sulla terra meritava cento volte la sopravvivenza su di un vascello di Sua Maestà. A complicare poi le cose ci si mettevano le compiacenti bellezze di Tahiti – le stesse che avrebbero poi ammaliato Gauguin con le quali per giunta i marinai cominciarono a formare legami stabili – le bottiglie a buon mercato ed il cibo che sembrava cadere dagli alberi ottimo ed abbondante. Il Comandante Bligh, bacchettone fra i pochi a rimanere casto laddove molti contrassero malattie veneree, descrisse la situazione nel suo diario come «le tentazioni a condurre una vita debosciata sono oltre ciò che si può concepire». Insomma, in poche parole: un’esperienza di vita in Paradiso che si sarebbe presto trasformata in un Inferno.
Il viaggio d’andata si era svolto nella più assoluta normalità. Il Luogotenente William Bligh (che non era come si crede Capitano in quanto il Bounty era classificato come semplice schooner e non come Vascello di Linea) si era comportato come da copione: una punizione qui, un giro di frustate là. La sua reputazione, sostenuta dal fatto di essere stato l’Ufficiale di Rotta del Capitano Cook, aveva fatto sì che i marinai soffrissero di buon grado la disciplina del mare senza peraltro ascrivere al proprio Comandante più della canonica crudeltà d’ufficio.
Ma già all’inizio del viaggio di ritorno – proprio come al termine di tutte le vacanze – depressione e intolleranza per la vita «normale» cominciarono farsi sentire. La routine di dover annaffiare le piantine con la migliore acqua a bordo aggiungeva beffe al danno di dover tornare ad una vita grama e stenta. E così l’equipaggio aveva cominciato a ciondolare svogliato, quasi lasciando che la nave si governasse da sé nel clima beato del Pacifico. Una parola di troppo, un «vaffa» mormorato tra i denti, avevano allertato Bligh al fatto che la situazione stesse lentamente ma inesorabilmente sfuggendo di mano. Tempo di stringere la cinghia e di far parlare la frusta. Presto non passò giorno che, al minimo pretesto, qualcuno non fosse legato all’albero maestro e frustato. Bligh, a sua volta, divenne sempre più paranoico, timoroso di perdere il controllo. Il suo Secondo, Fletcher Christian, un giovane ufficiale di 23 anni col quale Bligh era stato peraltro in ottimi rapporti, divenne come da classico copione la vittima delle sue frustrazioni. «Lei è un gran pezzo di codardo furfante!»: queste le parole umilianti urlate da Bligh ad un Christian senza colpe, di fronte all’intero equipaggio, in seguito ad un incidente senza conseguenze mentre il Bounty si riforniva d’acqua alle isole Tonga. Ormai la situazione era fuori controllo e la salute della nave in quanto tale compromessa. Fletcher Christian decise di agire: alle 5.15 del 28 aprile 1789, Christian ed alcuni ammutinati entrarono nella cabina di Bligh e lo trascinarono in coperta in catene. Christian si era legato al collo un piombo da scandaglio: era sua intenzione gettarsi fuoribordo ed annegare nel caso l’ammutinamento fosse fallito.
Poche ore dopo fu invece Bligh a prendere il mare al comando della lancia di sette metri sulla quale salì assieme ad una ventina di marinai leali – quasi la metà dell’equipaggio. A Bligh fu dato un sestante, acqua e cibo per cinque giorni: quattro machete furono gettati nella lancia all’ultimo minuto.
Il piano di Bligh era di raggiungere la base Olandese di Kupang, sull’isola di Timor: un viaggio di 4500 miglia nautiche (6500 chilometri) in mari ampiamente sconosciuti e con poche – e pericolose – tappe obbligate per rifornirsi di acqua e cibo. Messo ai voti da un Bligh rinsavito, il piano che peraltro prevedeva razionamenti da lacrime e sangue fu approvato. Seguirono settimane dove le maree di speranza e disperazione si alternarono regolarmente, ivi compreso un nuovo tentativo di ammutinamento che Bligh rintuzzò machete alla mano.
«Non mi è possibile descrivere il piacere che l’avvistamento della costa di Timor dette a tutti noi» – così Bligh nel suo Diario. I Nonammutinati del Bounty fecero il loro ingresso nella baia di Kupang il 14 giugno del 1789: batteva una Union Jack confezionata a bordo.