Gentile Signora Silvia,
mi rivolgo a lei perché ho un grande problema: non riesco più a difendermi dagli eccessi di ricordi, parole e fatti accaduti. Ho 85 anni, sono in buona salute e ho un compagno con cui divido una parte del mio tempo anche se abitiamo separati, una figlia unica felicemente sposata e genero e nipotino molto cari. Una ricca rete sociale e vivi interessi culturali. Il problema è che ho un’ipermemoria e quando ascolto un discorso, leggo un libro o vedo un film scattano nel mio cervello associazioni e ricordi che non mi lasciano più: le scene si susseguono e non riesco staccare. E io, che sono sempre stata una persona allegra, divento malinconica. È la vecchiaia, la pandemia, o il mio modo di essere, di preoccuparmi per gli altri? Le sarò molto grata se vorrà rispondermi, i suoi consigli sono sempre preziosi. La ringrazio in anticipo.
Gabriella
Cara Gabriella,
credo che il suo problema sia piuttosto diffuso e dipenda da molte cause. Col procedere dell’età e l’assottigliarsi del futuro, è normale che la memoria si volga al passato perché è là che ormai risiede il significato e il senso della nostra vita. Mi sembra però che la pandemia che abbiamo attraversato, e che non è ancora conclusa, ci sia costata cara. Come risulta dalla lettera precedente (del 21 febbraio) rilevo una tendenza all’ossessività. In questo periodo, tutti i piccoli disturbi nevrotici di cui normalmente soffriamo si sono acuiti. Sarà l’isolamento imposto dalle norme sanitarie, l’ansia del contagio, la paura della malattia e della morte, fatto sta che ci sentiamo tutti più deboli e fragili. Nel suo caso tra le altre cause vanno annoverate, come lei racconta, un’infanzia difficile e una giovinezza avventurosa, trascorsa tra l’Italia e l’Africa.
Dopo il matrimonio e il trasferimento in Svizzera però tutto è proceduto nel modo migliore, tanto che ora si chiede: «perché mi tormento?».
Nella convinzione che insieme si pensa meglio, ne ho parlato con una psicoanalista che stimo particolarmente ed ecco la sua risposta: «La Signora di 85 anni è una scrittrice e non lo sa. La compulsione a ripetere i ricordi esprime una domanda di ascolto, di riorganizzazione e storicizzazione del pensiero. Nell’età matura si sedimenta un sapere prezioso, una conoscenza speciale che chiede di essere ascoltata e condivisa».
Sono d’accordo. Il passato che ritorna predispone alla creazione artistica, basta pensare a uno dei più grandi capolavori della letteratura francese, il romanzo di Marcel Proust: Alla ricerca del tempo perduto. Il tempo non è mai perduto, permane dentro di noi e alimenta la nostra anima: rivolta al futuro nella giovinezza, al presente nella maturità, al passato nella vecchiaia. È un potenziale formidabile e dobbiamo farne buon uso. Pertanto entrambe le consigliamo di scrivere, a mano come la lettera che mi ha inviato, le figure e le parole che affollano la sua mente. La mano connette il pensiero al corpo e lo sintonizza con i battiti del cuore. L’immaginazione è sempre caotica, ma incanalandola nel discorso, le conferiamo ordine: la declinazione dei verbi la sottomette al tempo, grammatica e sintassi la subordinano al soggetto. Quando scriviamo non siamo mai soli perché ci rivolgiamo, anche senza saperlo, a un interlocutore lontano o vicino. Con carta e penna possiamo davvero esprimere la nostra interiorità e, di riflesso, sentirci compresi da noi stessi ancor prima che dagli altri.
Sono però convinta che chiunque scriva voglia prima o poi essere letto. Per evitare le esigenti richieste dell’editoria, può inviare il suo testo ad amici, parenti, colleghi e studenti di un tempo. Le possibilità sono tante: trasmetterlo via Internet, farlo stampare e rilegare sotto forma di pre-print o ricavarne un libretto personalizzato da spedire come «biglietto d’auguri». Vedrà che, una volta espressi e condivisi, pensieri e fantasie, le ritorneranno indietro pacificati e arricchiti della stima e dell’affetto che lei merita.