Gentile Laura, il consumatore medio non sa più cosa mangiare. Ho letto di quanta plastica mangiamo inconsapevolmente con pesce, birra eccetera. Le carni rosse non fanno molto bene, sia per il nostro corpo e anche per motivi ambientali. Le verdure in busta contengono sicuramente conservanti e altro. I prodotti del supermercato, se leggiamo le etichette, ci dicono che cosa non è contenuto ma non dicono che cosa contengono in riferimento a questo tipo di «veleni». Mi può suggerire come ci dobbiamo comportare?
Grazie, cordiali saluti. / Ivano G.
Questa, Ivano, è forse una delle domande più difficili che mi abbiano mai sottoposto perché riguarda l’alimentazione, la salute e l’ambiente, tre temi a me cari, che al giorno d’oggi «scottano» e sui quali ci sono molti pareri contrastanti in merito e sui quali fatichiamo anche noi «esperti».
Purtroppo, non possiamo vivere d’amore, non perché non amiamo, ma perché il nostro corpo è stato «progettato» per costruirsi e svilupparsi di sostanze nutritive (grassi, proteine, carboidrati, fibre oltre a tutta una serie di altri elementi) presenti negli alimenti che aiutano a svolgere le sue attività vitali.
Tutti gli alimenti e gli esseri viventi, inclusi noi, sono fatti di sostanze chimiche. Ma cosa sono, invece, i contaminanti chimici? Sono sostanze, composti o miscele di composti con proprietà tossicologiche che sono in grado di provocare effetti nocivi sulla nostra salute e su quella degli animali. I contaminanti sono stati classificati dagli scienziati in due categorie: presenti naturalmente nell’ambiente e derivati dall’attività dell’uomo.
Per i primi è bene sapere che anche le piante ne possono produrre. Un esempio sono i nitrati che sono presenti negli ortaggi a foglia verde, così come i funghi che possono liberare tossine. Per i secondi, va detto che il primato della produzione di sostanze tossiche di fatto l’abbiamo noi esseri umani. Esistono i cosiddetti residui, che possono essere residui di pesticidi o di medicinali per gli animali o di materiali a contatto con gli alimenti che possono migrare nei prodotti alimentari. E poi ci sono anche i sottoprodotti indesiderati della lavorazione come l’acrilammide che si forma negli alimenti ricchi di amido quando sono cotti a temperature elevate. Non ci facciamo mancare neppure gli inquinanti antropici che sono presenti nell’ambiente, nel suolo, nell’acqua e nell’atmosfera e i metalli, naturalmente presenti nel suolo o derivanti dai gas di scarico delle nostre auto.
Detto questo, come vengono contaminati gli alimenti? Ebbene, la contaminazione può avvenire in qualsiasi momento della filiera agroalimentare, direttamente sul prodotto allo stato naturale o dai metodi di coltura/allevamento, oppure durante la lavorazione nei processi industriali o alla distribuzione/vendita nei negozi e addirittura nel piatto di casa nostra!
Mi dispiace, non vorrei sembrasse un testo volto al «terrorismo» alimentare, ma la situazione purtroppo è questa e non posso neppure edulcorarla. Posso dire però che ci sono team di scienziati che continuano a studiare e a cercare di trovare un equilibrio tra la sicurezza e i benefici per la salute dei consumatori fornendo indicazioni che i vari stati trasformano poi in ordinanze per la salvaguardia della nostra salute e dell’ambiente e che pure l’UE sta adottando misure per ridurre al minimo i contaminanti nei prodotti alimentari.
E noi consumatori come ci dobbiamo comportare? Le consiglio tre azioni concrete. La prima è variare l’alimentazione. Non esiste un alimento che contiene tutte le sostanze nutritive di cui necessitiamo e, ahimé, non sembra esistere un alimento «puro». Cerchiamo quindi di mangiare in maniera equilibrata ma, appunto, variata. Non focalizziamoci sempre sugli stessi alimenti, ma cambiamoli: quando optiamo per la carne, per esempio, è bene scegliere una volta pollo, un’altra vitello, un’altra maiale, coniglio eccetera, e così anche quando mangiamo pesce, verdura e frutta.
Sembra infatti essere meno pericoloso assumere più contaminanti diversi piuttosto che sempre gli stessi che si possono accumulare troppo nel nostro organismo col rischio di oltrepassare la soglia di tolleranza e dare sfogo a malattie.
Un’altra cosa che possiamo fare è comprare alimenti biologici, di stagione e nostrani perché in questo modo si obbligano sempre più i contadini e gli allevatori a evitare l’uso di pesticidi, antibiotici e via elencando, che inquinano i nostri alimenti e la nostra terra. Inoltre, così facendo si riducono i lunghi trasporti di alimenti via camion e via navi o aerei (la rimando al mio articolo Il biologico e il naturale (su «Azione» del 26 novembre 2018, e anche sul sito www.azione.ch).
Terza azione concreta: torniamo a cucinare le pietanze con le nostre mani usando ingredienti locali, così da evitare il più possibile che gli alimenti naturali vengano coltivati in uno Stato, spostati in un altro per la lavorazione e mandati magari allo stabilimento di un terzo Stato per l’imballaggio, e a un quarto e quinto, eccetera, per la vendita. In questo modo risparmiamo sulla catena di produzione evitando sicuramente qualche contaminante e l’inquinamento atmosferico.
Spero di esserle stata utile.