Un Continente sempre più vecchio

/ 24.05.2021
di Aldo Cazzullo

Tutta l’Europa occidentale si trova alle prese con un problema drammatico: la denatalità. C’è un’unica eccezione, la Francia, dove nascono ancora tra i 700 e gli 800 mila bambini ogni anno. Ma sia in Germania, sia in Spagna, sia in Italia – e anche in Svizzera – la curva demografica si sta abbassando in modo brusco. La pandemia ovviamente non ha giovato: il numero dei nuovi nati è calato un po’ dappertutto, mentre purtroppo è aumentato il numero dei morti. La grande crisi di questo anno terribile non ha fatto che approfondire una tendenza che già esisteva.

A Roma la settimana scorsa si sono tenuti gli Stati generali della natalità, aperti da un intervento di papa Francesco. Il pontefice ovviamente ha avuto uno sguardo universale. L’Europa, ha detto, rischia di diventare il Vecchio Continente non nel senso della sua meravigliosa storia, ma dell’età media dei suoi abitanti.
In Africa e in Asia, invece, la curva demografica sale, anche perché per fortuna i neonati hanno smesso di morire (o muoiono molto meno di prima) per malattie legate alla denutrizione o alla cattiva alimentazione. L’osmosi tra i Paesi che fanno molti figli e quelli che ne fanno pochi è inevitabile. Per capirlo basta osservare una cartina geografica dell’Africa. A sud ci sono i ghiacci dell’Antartide, a est l’oceano Indiano, a ovest l’oceano Atlantico e a nord c’è un laghetto, il Mediterraneo, che si attraversa in due ore di gommone. È chiaro che gli africani continueranno ad arrivare in Europa. L’immigrazione però non può essere affidata agli scafisti, vale a dire ai criminali. Quindi la rotta di Lampedusa va chiusa, anche per salvare vite umane. Ma questo è un altro discorso. Sostenere che gli immigrati servono perché gli europei non fanno più figli è cinico. È possibile accogliere gli immigrati di cui l’economia europea ha bisogno e fare nel contempo una politica di natalità.

Se nel 1918 – l’anno del Piave e della febbre spagnola, con gli uomini al fronte e le donne che morivano per quella strana influenza – sono nati più italiani che nel 2018, all’evidenza il problema non è solo economico, ma culturale, anche se le due cose sono legate. Un tempo i figli erano una risorsa. Servivano a lavorare nei campi, a prendersi cura dei vecchi, se maschi a incassare la dote. Molti morivano piccoli di malattie a volte legate alla denutrizione. Inoltre i figli erano considerati un dovere. Marianna Ucria, il personaggio immortale della scrittrice Dacia Maraini, si ribella giustamente a un destino già segnato: «Sposarsi, figliare, fare sposare le figlie, farle figliare, e fare in modo che le figlie sposate facciano figliare le loro figlie che a loro volta si sposino e figlino…».

Oggi i figli sono considerati un costo e un lusso. Ovviamente era sbagliata la mentalità secondo cui le donne venivano al mondo solo per partorire. Si è finalmente capito che le donne possono lasciare grandi tracce di sé anche senza diventare madri, purché sia una libera scelta e non una costrizione. I nuovi asili nido finanziati dal Recovery plan in Italia aiuteranno, ma non basteranno. Questo discorso ovviamente non vale solo per la vicina Penisola, ma per l’Europa. La cifra del nostro tempo è il narcisismo, che è sterile per definizione.

Narciso si innamora di sé stesso e si consuma. Le persone – maschi e femmine – oggi non hanno fiducia nel futuro. Ne sono spaventati. Esitiamo a prenderci responsabilità, perché da un figlio non si divorzia, un figlio è per sempre e «per sempre» è un’espressione che spaventa. Meglio le storie di Instagram, che si cancellano dopo un giorno. Ovviamente la paura è un sentimento legittimo. Non va di certo negata, vanno rimosse le cause che la provocano. Oggi nessuno mette al mondo un figlio a cuor leggero, pensando che faticherà a trovare lavoro, a costruirsi una vita libera e autonoma. Se il grande piano di investimenti pubblici previsto dall’Unione europea saprà parlare ai giovani e metterli al lavoro, allora le coppie saranno incentivate a fare figli. Non solo perché potranno mantenerli, ma perché penseranno che un giorno i loro figli potranno essere felici. Qualcuno fa notare che le donne lavoratrici una volta erano rare, ora hanno meno tempo e forse meno forza per crescere figli.

In realtà è vero il contrario. Meno le donne lavorano, meno fanno figli. Più lavorano, più ne fanno (come appunto in Francia e in parte anche negli Stati uniti). Perché hanno i mezzi per mantenerli e sono indipendenti economicamente, quindi più libere di scegliere. Ovviamente i Governi non devono fare gli spot per la natalità (com’è successo in Italia quattro anni fa), devono rimuovere gli ostacoli che oggi rendono difficile per le giovani coppie diventare genitori. Certo i nostri nonni erano poverissimi, ma figli ne facevano. Forse erano più coraggiosi e meno narcisisti di noi. Noi tendiamo un po’ a comportarci come eterni adolescenti, nella convinzione che la paternità e la maternità si possano rinviare all’infinito. Poi (per le donne, ma non solo per loro) a un certo punto l’orologio biologico accelera e qualche volta ci si rende conto che è troppo tardi.