Ancora una volta gli allentamenti estivi nei controlli della pandemia presentano il conto: crescita dei contagi e obbligo del certificato di vaccinazione. Torna a vincere l’aritmetica delle epidemie, quella descritta nel suo libro (La notte delle ninfee, edito da La nave di Teseo) da Luca Ricolfi: «C’è uno stagno, e dentro lo stagno c’è una ninfea. Come si sa il numero delle ninfee raddoppia ogni notte. Lo stagno ne può contenere fino a un migliaio, prima di saturarsi e far soffocare tutto ciò che contiene». Chi controlla le acque si era accorto dopo una settimana che erano 128. Ma era venerdì e ha pensato di poter ripulire lo stagno al lunedì. Così ne trova 512, decisamente troppe per iniziare il lavoro e il giorno dopo, il martedì, le ninfee sono 1024, lo stagno è saturo e per ripulirlo non basta più una settimana, ma ci vogliono due o tre mesi. È questo l’apologo che Ricolfi ha voluto proporre per stigmatizzare i risultati di malgoverno e reticenze intitolate alla libertà.
Così, dopo un anno c’è la conferma che nella lotta contro il Covid-19 incidono negativamente anche i rinvii stagionali. Il «più liberi» invocato prima delle vacanze ha spesso fatto scordare il «più attenti», favorendo la sconsideratezza di interi gruppi della popolazione, dai giovani insofferenti agli egotisti che non vogliono farsi vaccinare, sino ai gruppi etnici che rispettano diritti tribali più che i doveri democratici. E ancora una volta, eccoci preoccupati davanti alla certezza che l’autunno sarà più o meno uguale a quello dello scorso anno, che quanto doveva essere fatto (dalle vaccinazioni al potenziamento dei posti letto per le cure intense e alla formazione del personale) non è stato completato o è risultato insufficiente e se le ninfee aumentano è soltanto perché lo stagno non è stato ripulito. Per dirla ancora con Ricolfi: non siamo riusciti ad applicare l’aritmetica della ripulitura. Ha prevalso il timore per i costi delle chiusure e per le limitazioni delle libertà: i pescatori dello stagno (esercenti, imprenditori) protestavano e lo spazzino-governo ha accettato di ritardare o ha rallentato troppo l’opera di ripulitura. Altra conferma da non dimenticare: dalle ninfee che tornano a minacciare la vita dello stagno, anche le nostre autorità, federali e cantonali hanno un’ulteriore dimostrazione che l’aritmetica dell’epidemia è sì semplicissima, ma anche controintuitiva perché, come dice Ricolfi, «ti insegna che dovresti fare il contrario di quel che il senso comune ti indurrebbe a fare». Questo spiega sia l’errore iniziale nel concedere allentamenti in contemporanea con rifiuti, ritardi o tentennamenti nelle vaccinazioni, sia il successivo ritorno a disposizioni e obblighi che consentano perlomeno di prevenire nuove emergenze.
Guardando oltre lo stagno di casa nostra si scopre che, in contemporanea alla nostra estensione del certificato Covid, la Danimarca ha tolto tutte le restrizioni. E guarda caso, il ritorno alla normalità nello Stato scandinavo è stato raggiunto, come evidenziano i media, grazie all’alta adesione alla campagna vaccinale: oltre l’80% della popolazione danese sopra i 12 anni, infatti, ha già ricevuto le due dosi di vaccino. Altra notizia da Roma: a inizio settembre si è svolta la «Ministeriale Salute» del G20, un appuntamento politico di importanza strategica nella lotta alla pandemia. Come spesso capita in questo genere di riunioni non sono emerse grandi decisioni, anche perché a fine ottobre i ministri della Salute torneranno a riunirsi con i colleghi delle finanze per dare basi concrete a iniziative e progetti. Al termine delle due giornate romane, partendo dall’assunto che l’emergenza sanitaria non sarà esaurita finché non ne saremo fuori tutti, i ministri G20 hanno convenuto di potenziare l’accesso più largo possibile ai vaccini da parte della popolazione mondiale a partire dai meccanismi di collaborazione esistenti, in aggiunta a donazioni di dosi e di strumentazioni per cure e diagnostica a paesi in via di sviluppo o poveri.
Oltre a questo risultato – l’unico evidenziato nei commenti dei media – nelle relazioni finali affiorano due preoccupazioni. La prima riguarda l’impegno di tutti i responsabili politici del G20 a voler porre fine a decenni di investimenti inadeguati e spesso irrisori in modo da poter contare in tempi brevi su sistemi sanitari solidi ed efficienti. L’altra invece sollecita sforzi per la formazione dei professionisti della salute, a tutti i livelli, in modo da garantire coperture in situazioni di emergenza. Insomma, anche sullo stagno mondiale il duello fra l’aritmetica delle epidemie e l’aritmetica della ripulitura continua, lo «stop and go» continua ad essere ricorrente e ogni governo-spazzino ritrova la legge fondamentale delle epidemie citata da Ricolfi: «Se devi fare qualcosa, più tardi lo farai più costerà caro a tutti». È il prezzo che la democrazie pagano quando si scontrano capacità di decisione e consenso.
Un certificato per tagliare ninfee
/ 20.09.2021
di Ovidio Biffi
di Ovidio Biffi