Uno dei temi di largo respiro affrontati nel dibattito politico che ha preceduto le elezioni è stato quello della Città Ticino. È un tema che può creare confusione perché, come ha precisato Claudio Ferrata, la Città Ticino è solo una metafora geografica. Essa non esiste invece come realtà istituzionale funzionante. Al massimo si può ritenere che sia uno scenario territoriale che potrebbe formarsi in forza sia della riduzione della durata dei tragitti per ferrovia, sia del fatto che ormai i territori degli agglomerati urbani di Chiasso-Mendrisio, Lugano, Bellinzona e Locarno si toccano, sia infine come conseguenza delle larghe aggregazioni di Comuni realizzate intorno ai centri di Mendrisio, Lugano e Bellinzona.
Infine il concetto di città unica si basa anche sulla costatazione che lungo la ipsilon del percorso ferroviario, da Castione a Chiasso, il paesaggio costruito non presenta più soluzioni di continuità. È tuttavia difficile pensare che il succedersi dei piccoli nuclei dei vecchi villaggi e delle nuove zone di attività economica nel Mendrisiotto, nella valle del Vedeggio, nel piano di Magadino e nella bassa Riviera facciano parte di un insieme urbano organizzato, a meno che si voglia definire come città ogni spazio costruito di una certa estensione, indipendentemente dalla sua morfologia.
Nella realtà istituzionale del Ticino odierno dobbiamo dunque continuare a fare i conti con un sistema urbano formato non da una città, ma dai tre centri di Lugano, Bellinzona e Locarno e dal dipolo Chiasso-Mendrisio. Lo si è potuto costatare anche di recente, leggendo, sul «Corriere del Ticino», cosa pensavano i sindaci di questi centri del concetto di Città Ticino. Badando in generale a difendere ognuno le proprie stalle e gli animali di razza che vi sono rinchiusi, quando si sono espressi su quel concetto i sindaci hanno messo in evidenza, quasi unicamente, l’utilità e la necessità di rafforzare le relazioni tra i centri esistenti. In effetti, la continua espansione delle zone costruite come pure i progressi nella mobilità ferroviaria hanno contribuito a intensificare queste relazioni. Lo testimonia, per fare un esempio, l’aumento sensibile dei flussi di lavoratori pendolari, in particolare di quelli che si spostano tra gli agglomerati urbani sopracenerini e sottocenerini. Ora l’entità degli stessi dipende in buona parte dall’attrattività di ciascun centro. A sua volta l’attrattività dipende, sempre in buona parte, dalla dimensione del centro stesso.
W. Christaller, un geografo tedesco dello scorso secolo, aveva spiegato l’emergere in un determinato spazio di una gerarchia dei centri dimostrando che la stessa si basava sul fatto che l’attrattiva di un centro era in funzione della sua dimensione. Nel secondo dopoguerra questo principio venne poi quantificato nella formula del «rank-size rule» che affermava addirittura che la popolazione di ogni città del sistema era uguale alla popolazione del centro più importante divisa per il rango che la città considerata occupava nella gerarchia del sistema urbano. Così la seconda città avrebbe dovuto avere la metà degli abitanti della città maggiore; la terza, un terzo ecc. Questa regola descrive di fatto le gerarchie urbane emerse durante il periodo dell’industrializzazione. Durante questo periodo il medesimo principio valeva, più o meno, anche per la gerarchia dei centri urbani ticinesi. Così nel 1950, ossia quasi alla fine del periodo di industrializzazione, la gerarchia urbana era capeggiata da Lugano con 21’148 abitanti. Al secondo posto veniva Bellinzona con 12’060 abitanti, il 57% della città primate (invece del 50% previsto dalla formula citata qui sopra) e al terzo posto Locarno, con 7’767 abitanti, vale a dire il 36% della città capolista (invece del 33%).
La dimensione continua a contare, anche oggi. Ma questo modello non è però più applicabile per spiegare la gerarchia del sistema urbano dell’economia terziarizzata. Cosi, verso la fine dello scorso secolo, qualche studioso propose di sostituire al principio della gerarchia urbana il principio della rete che è un sistema nel quale tutti i centri sono equivalenti (i nodi di una rete sono tutti uguali). Nella rete vigerebbe poi una divisione delle funzioni che porterebbe alla specializzazione di ciascun centro. La rete avrebbe potuto essere considerata anche come il principio organizzativo della Città Ticino. Purtroppo della stessa non c’è traccia attualmente. Lo sviluppo del sistema urbano del Cantone nel nuovo secolo sembra invece stia orientandosi verso l’affermarsi di due poli: Lugano e Bellinzona. Gli stessi stanno distanziando gli altri centri.
Un Cantone con due poli urbani
/ 27.03.2023
di Angelo Rossi
di Angelo Rossi