In Ticino le elezioni cantonali sono oramai alle porte. Gli incontri e gli scontri politici si moltiplicano. Raramente però in queste assemblee, indipendentemente dai partiti e dai movimenti che vi sono rappresentati, si discutono i problemi di lungo termine del Cantone. L’attualità, regionale, nazionale o internazionale che sia, domina sempre i discorsi dei candidati uscenti e di quelli che aspirano a prendere il loro posto. Dovrebbe far eccezione, a questi dibattiti sull’effimero, la tavola rotonda che, per iniziativa di Coscienza svizzera, riunirà martedì 28 febbraio, all’auditorium della Banca dello Stato di Bellinzona, i rappresentanti dei quattro partiti di governo per discutere di una possibile politica demografica per il Ticino. Politica demografica?
Per le persone della mia età il tema è relativamente scabroso perché richiama le misure, quasi sempre costrittive della libertà di procreare, che le dittature di destra e di sinistra usavano adottare per controllare lo sviluppo demografico dei loro paesi. Quasi come introduzione ai temi da discutere, nel dibattito appena evocato, Coscienza svizzera ha distribuito, all’inizio di febbraio un volume dal titolo L’incertezza demografica che raccoglie, in dieci capitoli, una serie di prese di posizione di specialisti dell’evoluzione demografica del nostro Cantone e del resto della Svizzera. Come spesso succede in queste miscellanee anche nel volume di Coscienza svizzera c’è di tutto e un po’. Vi si parla sia dell’evoluzione demografica del recente passato come di quanto potrebbe succedere in futuro. Per quel che concerne l’evoluzione recente, dall’analisi contenuta negli interventi pubblicati in questo volume, appare chiaro che la demografia ticinese sta seguendo, con parametri propri, una tendenza alla diminuzione della natalità e all’invecchiamento della popolazione che, purtroppo, si manifesta da decenni nell’insieme dell’Europa occidentale. La tendenza in questione, che ha fatto emergere, a partire dall’inizio del nuovo secolo, saldi negativi del movimento naturale (perché i decessi superano le nascite), sembra essersi aggravata, almeno per quel che concerne il Ticino, a partire dal 2016, per il venir meno del consistente apporto assicurato dal saldo migratorio positivo. Questo indebolimento del saldo migratorio è dovuto, quasi esclusivamente, alla perdita di importanza della sua componente straniera.
Da qualche anno, in generale, le partenze degli stranieri dal Ticino sono cresciute mentre sono diminuiti gli arrivi. Siccome, salvo i pochi miliardari che, attualmente, sembra ci vengano dalla Norvegia, il saldo migratorio positivo è sostenuto soprattutto dall’arrivo di lavoratori stranieri, sarebbe facile attribuire la riduzione degli ultimi anni a eventuali debolezze economiche. Tuttavia, più che all’evoluzione della congiuntura, o a quella di possibili mercati di beni e servizi fondamentali per l’economia del nostro Cantone (come, per esempio, quelli legati all’edilizia e al turismo) per spiegare la perdita di attrattiva del Ticino, come residenza, per i lavoratori stranieri bisogna in questo caso fare riferimento allo sviluppo della domanda e dell’offerta sul mercato regionale del lavoro. Per dirla in modo spiccio: nel corso degli ultimi anni, il forte aumento dell’effettivo di lavoratori frontalieri potrebbe aver inciso negativamente sull’afflusso di lavoratori stranieri dimoranti. Niente è però sicuro: occorrono nuove analisi che mettano maggiormente a fuoco quanto è successo dal 2015 a oggi, ci dicono gli autori del volume di Coscienza svizzera.
E le contromisure? I contributi sulle misure da adottare affrontano i quattro temi principali della crisi demografica ticinese. Si tratta della diminuzione delle nascite, dell’invecchiamento della popolazione, della gracilità della domanda di lavoro da parte dei domiciliati e dell’indebolimento del saldo migratorio (in particolare della sua componente internazionale). Ce n’è abbastanza non soltanto per metter su una politica politica demografica ma, addirittura per creare un nuovo dipartimento della popolazione, in seno all’amministrazione cantonale. Si perché, come precisano i contributi del volume di Coscienza svizzera, l’invecchiamento della popolazione e l’indebolimento demografico del Cantone stanno creando problemi economici e sociali non indifferenti. Invece di chiamarli problemi o difficoltà potremmo designarli, come si fa nel volume in questione, con il termine, forse più positivo, di sfide. Quelle demografiche sono però sfide difficili da vincere.