Il divieto non è ufficiale ma buon senso e buon gusto consigliano di astenersi. Anche l’umorismo, nelle sue molteplici manifestazioni, ironia, satira, arguzia, comicità è in quarantena. Tanto più che i suoi abituali bersagli, cioè politici in carica, protagonisti della vita pubblica, forze dell’ordine e autorità varie hanno conquistato una nuova immunità, persino simpatia e gratitudine. Certo, alle prese con compiti ardui, senza precedenti paragonabili, hanno commesso errori e sgarri annullando addirittura libertà costituzionali. Da assolvere, perché imposti dalle circostanze, quando purtroppo il fine giustifica i mezzi. Difficile, insomma, criticarli o ridicolizzarli. Si rischia di passare per incorreggibili bastian contrari o, peggio, per cinici insensibili alla gravità del momento. Fatto sta che, mettendo a tacere le voci consolatorie dell’umorismo, si allarga lo spazio concesso non tanto ai pessimisti, che a volte hanno ragione, quanto ai catastrofisti, o menagramo, categoria che va per la maggiore. Esempio insigne, Ursula von der Leyen, che con l’autorevolezza che le spetta da presidente della Commissione europea, annuncia: «L’emergenza Covid-19 durerà sino a dicembre e oltre». Non è una voce isolata. Anche scienziati, più o meno illustri, in particolare i virologi, non mancano di metterci in guardia dalla seconda ondata pandemica incombente sul nostro prossimo futuro. Per non parlare delle previsioni, cifre alla mano, degli economisti. Si delinea un quadro fosco e confuso, prospettato sia da realisti competenti sia da visionari, cultori del peggio, al quale, paradossalmente, prendono gusto.
Tutto ciò, del resto, ha dei precedenti. Abbiamo alle spalle decenni, in cui le nostre società colte ed efficienti si erano mobilitate all’insegna di cause, in sé giuste, ma dagli effetti repressivi e strampalati. Basti pensare alle statue di Colombo, decapitate nelle università americane, perché simbolo del colonialismo. A testi letterari del passato, depurati da scorie razziste o messi al bando, com’è successo alla Capanna dello zio Tom e a fiabe come Cappuccetto rosso, per via del lupo cattivo che ha urtato gli animalisti. A sua volta, la causa femminista non è sfuggita e esasperazioni controproducenti. Mesi fa, a Ginevra si è riaccesa la polemica semafori, accusati di maschilismo: infatti il segnale stop o passa reca una figurina in pantaloni. Da sostituire con un’immagine sessualmente neutrale. Nei confronti di simili balordaggini, era e rimane sconsigliabile affacciare qualche perplessità o sorridere. Atteggiamenti sospetti nell’era «politically correct».
Qualcuno, però, ci prova. Agli inizi di quest’infausto 2020, il 28 gennaio, quando la pandemia non ci aveva ancora toccato, sulla NZZ un articolo, che ho conservato, lanciava un SOS, più che mai attuale. E dal titolo premonitore: «Adesso ci può ancora salvare soltanto l’umorismo». L’autore, Roman Bucheli, giornalista e saggista, denunciava il moralismo accigliato e autoritario che insidia la nostra quotidianità di cittadini sommersi da proibizioni e raccomandazioni limitative. Un tempo, rievoca maliziosamente Bucheli, si era tenuti a rispettare i dieci comandamenti del catechismo, basta e avanza. Oggi, una società cosiddetta laica e tollerante sta rendendo sempre meno libero il tempo libero che aveva inventato. A fin di bene: per proteggere la salute morale e fisica, nell’ambito pubblico e privato. Quindi, niente fumo, vizio giustamente condannato. Mentre non lo è l’alcol, favorito da festival dell’uva a iosa. Non mancano, insomma, le contraddizioni. Divieti di posteggi per le auto, a favore delle bici. Ma scarseggiano le piste ciclabili. Per Bucheli, il più indigesto concerne i voli low-cost. Osa confessare il suo rimpianto per un’epoca che li consentiva. Quando andare lontano era non solo legittimo ma raccomandato ai giovani, in nome di una necessaria apertura.
Con ciò, la vena umoristica non si è esaurita. È diventata sotterranea, rifugiandosi nei social, dove ci si scambiano battute e vignette all’insegna di quell’irriguardoso piacere di sfidare una seriosità obbligatoria. Un po’ come avveniva in tempo di guerra o come succede sempre nelle dittature. Ora, nella nostra democrazia costretta al rigore, ne fanno le spese i detentori del potere, autori di gaffe linguistiche, l’ormai famoso letargo per i vecchi. Per non parlare, poi, delle misure previste per l’estate: pareti di plexiglas proteggeranno sulle spiagge i vacanzieri.Non manca, dunque, la materia prima per l’umorismo, valvola di salvataggio proprio nei tempi grami.