Ultraricchi: i rischi del troppo

/ 04.12.2017
di Luciana Caglio

Chi sono, dove abitano, come vivono e, soprattutto, in che modo sono riusciti a farcela? A queste curiosità, provocate da un’anomalia qual è la ricchezza esorbitante, risponde, il rituale numero natalizio di «Bilanz», dedicato ai 300 detentori delle più grosse fortune nel nostro Paese. Una Svizzera che, per motivi geografici, politici, amministrativi, con il danaro ha sviluppato una risaputa familiarità, diventando la materia prima di molteplici attività professionali e specialistiche. Tanto da meritarsi la maliziosa qualifica di cassaforte d’Europa, dove giacciono beni non sempre di origine cristallina. Ciò non ha impedito che, nei confronti dei Paperoni, nostri concittadini spesso d’adozione, prevalesse la tolleranza. Il caporedattore di «Bilanz», Dirk Schütz, parla di una sorta di «esemplare patto sociale», grazie al quale «le grandi fortune sono socialmente accettate». A condizione, però, «che il ceto medio possa partecipare al benessere del Paese». In altre parole, se io sto bene, sopporto che altri stiano meglio. Ora, questo tacito compromesso sembra in pericolo, nell’Europa dei populismi, dove le classi medie sono in affanno. Si tratta, conclude Schütz, di «reinventare questo patto sociale». L’impegno spetta anche a una Svizzera gelosa dei suoi equilibri, sempre più fragili.

Comunque, da questa rivista di economia, con copertina simbolicamente dorata, arriva una voce fuori dal coro, che osa definire il 2017 «un anno di festa e non di paura». Ed è un ottimismo motivato, che si regge sui numeri. Nel corso di questi dodici mesi, si è registrato un record: i 300 super-ricchi hanno portato sulla bilancia 674 miliardi di franchi, 60 in più rispetto al 2016. Tanto meglio per loro, verrebbe spontaneamente da dire. Ma «Bilanz» propone un’altra interpretazione di questi dati. Significano prestazioni che attestano le capacità, l’intraprendenza, il fiuto di singole persone o di gruppi o consorzi. Di cui, da normali cittadini, godiamo gli effetti, in un’infinità di ambiti: prodotti di uso corrente, oggetti di lusso, servizi, trasporti, tecnologia, ricerca scientifica, spettacolo, sport, e via dicendo. Mentre, loro, come fabbricanti, finanziatori o inventori, godono gli effetti nella forma di proventi a volte sbalorditivi, al limite dell’assurdo. Al cospetto di patrimoni plurimilionari e plurimiliardari, si aprono, inevitabilmente, interrogativi d’ordine morale e, prima ancora umano.

Lasciando da parte la questione etica che esula dai propositi dell’indagine di «Bilanz», l’attenzione si concentra sugli aspetti, diciamo quotidiani, di questi protagonisti di vicende tutte fortunate, ma fra loro diverse, persino contrastanti. Del resto ai vertici della ricchezza si arriva in tanti modi, per merito, intuito, caso. Per via ereditaria, la più comoda, come Marina Picasso, nipote di Pablo, Margherita Agnelli figlia di Gianni. O spesso lungo un itinerario imprenditoriale, dove, con 12 miliardi Christoph Blocher figura fra i «top ten» nazionali, a confermare l’utile alleanza politica-affari. Ma serve anche un’idea vincente, come Silvio Tarchini, con il FoxTwon. In quanto idee vincenti, il campione della categoria rimane Ingvar Kamprad, l’inventore di Ikea, che, a 91 anni, ha ceduto le redini ai tre figli, residenti nel Vaud, cui spetta la gestione di una rete aziendale valutata 48-49 miliardi. Proprio a loro spetta pure l’immagine dell’ultra ricco in stile pop. Cioè, jeans, maglietta, utilitaria malandata: una scelta di vita volutamente modesta. Cioè non imposta, qui sta la differenza essenziale.

Evitare l’esibizione di lussi inopportuni, insomma volare basso sembra una ricetta comportamentale sempre più rispettata. E potrebbe far pensare a una nuova consapevolezza. Bill Gates ha fatto scuola? Sta di fatto che parecchi superricchi di casa nostra si sono impegnati sull’immenso fronte della solidarietà. Magari senza farlo sapere. Dobbiamo, invece, rompere il silenzio citando Roger Federer, che ha la fortuna di essersi conquistato tanti soldi, simpaticamente, sfruttando un vero talento. Al punto da farsi perdonare una ricchezza eccessiva.