Sapete cos’è il Manterrupting? È la tendenza dei maschi a interrompere le donne nel corso dei dialoghi pubblici (e non solo). Una prevaricazione di genere. C’è poi il Mansplaining, che è la tendenza dei maschi a spiegare alle donne (dopo averle interrotte) come vanno esattamente le cose e come in generale va il mondo. Ebbene, di recente la Corte Suprema degli Stati Uniti (4½) si è data una regola ferrea: lasciar finire l’arringa dell’avvocata o dell’avvocato prima di porre eventuali domande senza parlarsi addosso. A pensarci bene è la regoletta che adottavano anni fa anche le maestre e i maestri delle scuole elementari con le alunne e gli alunni troppo esuberanti per evitare il chiasso: uno dei primissimi princìpi era il rispetto dell’altro, con la minaccia di una punizione o di una nota di biasimo. Nonostante l’ovvietà, pare che i risultati per la Corte Suprema siano stati immediatamente visibili. Il che fa pensare che per tante cose sarebbe utile ripartire dai fondamentali, cioè in qualche modo tornare a frequentare le scuole elementari o recuperare quelli che fino a non molto tempo fa erano considerati gli insegnamenti-base della buona educazione, tipo non-parlare-con-la-bocca-piena o non-ficcarsi-le-dita-nel-naso. Insomma, quelle ragionevoli norme del decoro quotidiano impartite sin dalla nascita ai propri pargoli da genitori anche molto alla buona.
Per esempio, il Mansplaining: a spiegare dovrebbe essere autorizzato l’interlocutore che ne sa di più, cioè quello che vanta una maggiore conoscenza in virtù degli studi fatti e dell’esperienza vissuta: il professore riguardo all’allievo, il dottore riguardo al paziente, lo specialista riguardo all’incompetente, il professionista riguardo al dilettante. Banale? Non proprio, visto che il rispetto sembra un’attitudine in declino e in odore di muffa, così come il riconoscimento dell’autorevolezza e della competenza.
L’altro giorno ho ricevuto un messaggio WhatsApp da una mia amica, una bravissima impiegata, che in relazione ai vaccini anti-Covid mi rimproverava di non conoscere i meccanismi dell’informazione, per questo sarei complice del pensiero unico e «succube della Matrix di regime». Lavoro da quarant’anni circa dentro il mondo dei giornali, e confesso che nel sentirmi dare dell’incompetente da una persona che non è mai entrata in una redazione, che frequenta solo i social senza aver mai aver sfogliato non dico «Le Monde» o il «New York Times», ma neppure il «Corriere della Sera», ho faticato a trattenermi dal poco elegante automatismo del vaffa. Pontificare su tutto è uno sport molto praticato dagli ignoranti (in senso etimologico e senza offesa). Per provarmi l’attendibilità delle sue tesi complottiste, mi ha riempito il telefono di frasi frammentate, lievemente isteriche e piene di puntini di sospensione, che contrapponevano il fiero «noi» a un imprecisato «voi» («c’è in ballo una guerra… voi non volete conoscere e capire»).
L’amica mi ha poi inviato, a riprova delle sue convinzioni, un video con un discorsetto-invettiva di uno psichiatra, psicologo, psicoterapeuta, criminologo specialista in tuttologia, Alessandro Meluzzi (2–), che leggeva a suo modo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità sostenendo: che non 130 mila in Italia, come divulgato dai «giornaloni», ma 3783 sarebbero i morti per Covid e che «tutti gli altri sarebbero morti perché avevano tumori, malattie vascolari o neurologiche…». In realtà, non serve scomodare i virologi per sapere che «tutti gli altri» avevano magari delle patologie non mortali per le quali il virus è stato fatale. Ai turgidi negazionisti basterebbe rispondere proponendo loro di risolvere un problemino aritmetico facile facile quanto spietato: se in media nei cinque anni precedenti i morti sono stati 640 mila e nel 2020, anno del Covid, sono saliti a 746 mila, quante sono state le persone uccise dal Covid? Un bambino di seconda elementare non avrebbe difficoltà a fare la sottrazione, ma i negazionisti-complottisti risponderanno che i dati sono falsati, così come sono falsati da Big Pharma e dalle dittature occidentali i numeri del calo dei decessi conseguente alle vaccinazioni.
Fatto sta che se prima, guardandoli a distanza, per lo più in tv, rimanevo diviso, nel giudizio, tra la stupidità e la follia, da vicino purtroppo il beneficio della stupidità è scomparso, lasciando la nuda certezza, malinconica e allarmata, della follia.