Turista, rifugiato o profugo?

/ 28.03.2022
di Claudio Visentin

Quando è scoppiata improvvisa la guerra in Ucraina, l’industria turistica ha avvertito con forza la tentazione di voltarsi dall’altra parte. È comprensibile; gli operatori stanno rialzando la testa solo ora, dopo anni davvero difficili. Inoltre per il turismo, una guerra è meno grave di una pandemia. Certo un conflitto su larga scala semina inquietudini e incertezze ma, a differenza del virus ubiquo, non intacca il punto di forza del settore, ovvero la sua varietà geografica: per un Paese in guerra ce ne sono decine dove mandare i turisti in tutta tranquillità.

Alla fine il turismo ha risposto con generosità alla sfida della guerra. L’episodio più noto riguarda Airbnb: attraverso una campagna non ufficiale sui social, migliaia di utenti hanno prenotato stanze su Airbnb in Ucraina (sessantamila solo tra il 2 e il 3 marzo) per far giungere denaro agli abitanti. Airbnb ha rinunciato alla sua percentuale su queste transazioni, gli host hanno promesso di onorare l’impegno in futuro, se appena sarà possibile. Ancora Airbnb sta fornendo alloggi a breve termine per centomila rifugiati in Polonia, Ungheria, Romania e cerca sempre nuovi spazi di accoglienza. Non è la sola.

Compagnie di trasporto aereo o su gomma (Wizz Air, Flixbus, Eurostar) hanno offerto migliaia di posti gratuiti. Altri operatori hanno mandato i loro minibus ai valichi di frontiera tra Ucraina e Polonia. Oltre duecento compagnie in venti Paesi hanno aderito a Hospitality for Ukraine, offrendo alloggio gratuito; è la stessa missione di organizzazioni come Hospitality Helps ed Every Bed Helps, attive anche nel nostro Paese. Altre aziende destinano agli ucraini una percentuale delle entrate (per esempio il 5%) o raccolgono prodotti di prima necessità. La maggior parte naturalmente ha sospeso le attività in Russia.

Potremmo chiederci se è etico andare in vacanza mentre intere città sono sotto le bombe. La risposta logica sembrerebbe essere no, ma la forza della nostra economia − la stessa che ci permette di imporre sanzioni così efficaci – dipende anche dal turismo… Ovviamente in queste settimane i viaggiatori girano al largo dai Paesi vicini alla scena di guerra, anche se non sono in realtà pericolosi né formalmente proibiti. Kaunas in Lituania, una delle capitali europee della cultura 2022, ha sospeso il previsto Festival della felicità, davvero poco in sintonia coi tempi, sostituendolo con eventi legati al conflitto, ma non ha sospeso tutte le attività. E l’ufficio del turismo polacco invita a non cancellare i viaggi nel loro Paese. Un funzionario ha dichiarato: «Andando in vacanza in Polonia aiutate il Paese che aiuta l’Ucraina». Naturalmente in alternativa è sempre possibile fare volontariato.

La Polonia orientale è in prima linea. In città come Lublino, a meno di cento chilometri dal confine con l’Ucraina, l’atmosfera sonnolenta da bassa stagione è stata sconvolta dall’arrivo di decine di migliaia di profughi. Alcuni alberghi hanno alzato i prezzi di tre o quattro volte ma altri, come la catena Arche Hotels, con maggiore sensibilità si sono trasformati in centri di prima accoglienza. I dipendenti si sono ingegnati anche come traduttori o babysitter a tempo pieno. Passata la prima emergenza, si progettano visite guidate della città per i nuovi arrivati e percorsi culturali per i bambini nei musei e nelle gallerie; servono anche distrazioni. Con un vicino come Putin domani potrebbe toccare a noi, hanno pensato i polacchi; ed è un’ottima riflessione.

Lo scorso novembre la Bielorussia di Lukashenko, oggi schierata al fianco di Putin, concesse il visto turistico a decine di migliaia di migranti, per lo più iracheni e siriani, per mettere pressione sull’Unione europea. Infatti Bruxelles aveva appena imposto alla Bielorussia delle sanzioni in seguito alle contestate elezioni presidenziali del 2020, alla successiva persecuzione degli avversari politici e al dirottamento forzato di un volo Ryanair che trasportava un giornalista dell’opposizione. In quel caso ai polacchi − gli stessi che oggi accolgono a braccia aperte gli ucraini − toccò la parte dei cattivi: mobilitarono diecimila soldati lungo il confine e respinsero i nuovi arrivati con cannoni ad acqua, gas lacrimogeni e filo spinato.

Non c’è da stupirsi. Nel mondo di oggi i ruoli sono in continua trasformazione: da un giorno all’altro puoi essere un turista, un rifugiato o un profugo. E poi ancora l’una o l’altra condizione, accomunate solo dalla mobilità e dalla precarietà.