A causa dell’aumento delle temperature, i voli di linea incontrano turbolenze sempre più frequenti e pericolose. Ma anche in cabina c’è parecchia agitazione. A fine maggio Silver Cousler, chef e proprietario di un ristorante ad Asheville, North Carolina, è volato a Miami per la sua festa d’addio al celibato (se così si può dire, dato che Cousler s’identifica come non binario e usa il pronome they, «loro»). Se necessario, per compilare un modulo o passare un controllo, Cousler usa ancora il suo vecchio nome (dead name) e il suo genere legale. In quest’ultimo viaggio tuttavia si è risentito quando al momento di prenotare il biglietto il sito web di Delta Air Lines gli ha imposto di scegliere tra «maschio» o «femmina».
Quando chiedono il passaporto i cittadini statunitensi possono già indicare un genere non binario senza dover allegare certificati medici o altri documenti. Perché dunque le compagnie aeree vogliono conoscere il sesso del viaggiatore? Le ragioni sono diverse. Per esempio informazioni aggiuntive aiutano a identificare terroristi e altre persone pericolose incluse nella No Fly List; giocando coi nomi si rischia di aprire una falla nella sicurezza. Per questo il programma Secure Flight (2009) obbliga a indicare il sesso del passeggero. Anche i body scanner degli aeroporti utilizzano standard diversi per uomini e donne («Rosa o blu?» potrebbero chiedervi prima del controllo).
Le compagnie aeree in genere supportano le iniziative LGBTQ+ e già si stanno organizzando per tener conto di questa sensibilità. Al momento però solo United Airlines e American Airlines offrono opzioni di genere non binario durante la prenotazione. I cambiamenti si sono rivelati più complicati del previsto perché devono avvenire simultaneamente in tutta la filiera (siti di prenotazione online, compagnie aeree, controlli di sicurezza) ma a breve sembra comunque possibile e sensato aggiungere nei form un campo «X» (unspecified, undefined) e «U» (undisclosed). Inoltre le compagnie che prevedono signore (Mr.) o signora (Ms.) prima del nome aggiungeranno un’alternativa di genere neutro (Mx.). Se pensiamo che British Airways contempla tra le possibilità anche «visconte», non pare troppo difficile… Addentrarsi oltre nel labirinto delle identità auto-percepite sembra invece davvero irrealistico.
Un’altra ragione per distinguere i passeggeri tra uomini e donne potrebbe essere il bilanciamento dell’apparecchio. Qualche anno fa, di ritorno dall’Australia, il mio aereo era occupato quasi per intero da tifosi della nazionale inglese di rugby, corpulenti bevitori di birra in drammatico sovrappeso; mi chiedo ancora oggi come ci siamo staccati dal suolo. In media i maschi pesano più delle femmine (anche 20 kg) ed evidentemente non si può chiedere il peso a ogni passeggero.
Jae’lynn Chaney, una venticinquenne di Vancouver, ama viaggiare e condividere le sue esperienze su TikTok, ma ha una taglia impegnativa (6XL) da quando per un problema di salute il suo peso è aumentato di quasi 50 kg. In volo Jae’lynn Chaney deve misurarsi con sedili troppo stretti, estensioni per la cintura di sicurezza, bagni inutilizzabili. Male fanno i troll in rete ad accusarla di far precipitare l’aereo mentre altri, più comprensivi, scrivono che «gli aeroplani dovrebbero adattarsi ai passeggeri e non il contrario». Jae’lynn Chaney predica la Body Positivity e non ha in programma diete, ma in questo caso davvero non si vede cos’altro potrebbero fare le compagnie, con aerei progettati al centimetro per ragioni ambientali e di consumi (salvo forse offrire un secondo posto a sedere a condizioni ragionevoli).
Virgin Atlantic, fondata dal miliardario Richard Branson, è da sempre all’avanguardia. Per esempio già nel 2019 ha eliminato l’obbligo di truccarsi per le hostess. Riprendendo a reclutare dopo il Covid, Virgin Atlantic permette al personale di bordo in uniforme di mostrare i tatuaggi (purché non siano offensivi), per incoraggiare l’espressione della loro individualità. Difficile dissentire in questo caso, ma personalmente preferisco l’elegante dissimulazione dei diplomatici inglesi del passato: prima di tornare in patria dal Giappone si concedevano un piccolo tatuaggio, purché fosse invisibile quando indossavano l’abito di gala al ricevimento della regina.