Fra i temi dibattuti dall’antropologia classica fino ad un punto di sofisticatezza teorica e filosofica da non capirci quasi più nulla vi è quello del totemismo. «Ototeman» è un termine dei dialetti Algonchini (Canada) che semplicemente significa «parente». Nella terminologia concettuale dell’antropologia ottocentesca «totemismo» venne ad indicare i sistemi di credenze diffusi un po’ in tutto il globo secondo i quali esisterebbe un legame di parentela fra una data linea di discendenza umana ed una specie animale. Questo legame comporterebbe tutti gli obblighi che si devono fra parenti – aiuto in caso di difficoltà, divieto di contrarre matrimonio, solidarietà contro i nemici e – non ultimo – la proibizione di mangiarsi reciprocamente. Insomma, tradotto in termini occidentali, sarebbe come se chi si chiama Orsi, Leoni, Corvo o Cavalli avesse come tabù alimentare l’orso, il leone, il corvo o il cavallo – il che, diranno i lettori più attenti, non è gran rinuncia a livello gastronomico. Ma provate a pensare cosa succederebbe se uno si chiamasse Pollo... – o forse è proprio per questo che ci sono in giro pochi cognomi del tipo Prosciutti o Fiorentina... Insomma: nelle formazioni sociali tradizionali il rapporto fra uomini e animali è spesso giustificato dal fatto che in tempi ormai mitologici il rapporto fra l’Antenato Fondatore di una linea di discendenza si costituì sulla base di un patto di aiuto reciproco in caso di difficoltà sancito da un patto di non aggressione a livello alimentare.
Per una certa scuola classica questo sistema di credenze aiuterebbe a pensare e ad organizzare il rapporto fra mondo umano e mondo animale. Per esempio: i Vagla del Ghana Nordoccidentale, fra i quali il vostro Altropologo preferito conduce le sue ricerche, pensano che i loro vicini Lobi siano un popolo molto primitivo in quanto tabuizzano l’ippopotamo (che per loro invece è un cibo squisito) in quanto credono che l’ippopotamo abbia un tempo aiutato l’Antenato Fondatore a cavarsi dai guai. Replicano i Lobi: «I Vagla sono così primitivi da proibire il consumo alimentare dei pipistrelli (che per i Lobi sono il massimo) perché credono che siano i loro antenati reincarnati». Ora, chi dovesse pensare che questo modo di pensare e di credere sia «primitivo» sospenda un attimo il giudizio fino a quando avrà valutato la notizia che segue sulle modalità «occidentali postindustriali» di concepire il rapporto fra uomini e animali.
Circola sul web da qualche giorno, cotto in varie salse in una varietà di siti (alcuni seri), il risultato di una ricerca (seria) di una Università australiana (seria – pare) che ha deciso di investire tempo e denari nello studio delle capacità cognitive degli squali (sì, proprio così: ancora gli squali, i nostri pet più amati ed odiati, come ricorderanno i lettori più fedeli di questa rubrica). Cosa hanno pensato bene di fare i ricercatori della Macquarie University di Mansfield, Australia guidati dalla Professoressa Catarina Vila-Pouca per testare l’intelligenza degli squali? Hanno immerso un tot di speakers in una zona frequentata da un certo simpatico squaletto dal nome promettente di Heterodontus Portusjacksoni (di più fra un attimo) e hanno cominciato a sparare a tutto volume, sottacqua, ora musica jazz ora invece musica sinfonica. Contemporaneamente all’inizio dei concerti sono state buttate in acqua secchiate del cibo preferito dal suddetto HP.
Risultato del test: si è notato che HP reagisce prontamente al richiamo della musica jazz accorrendo verso i distributori di cibo, mentre il richiamo della musica sinfonica lo lascia indifferente quando non addirittura «confuso». Che gli squali preferiscano il jazz alla sinfonica è ovvio e non occorre investire denari per capirlo: la musica sinfonica è per persone severe, pensose e seriose – gravi e sobrie. Il jazz è per persone esuberanti e buontempone, goderecce e tiratardi, amanti del cibo e dell’alcool. Proprio come era il caso del «pensiero totemico primitivo», il «primitivo postmoderno» riproduce mutatis mutandis le stesse forme di pensiero dei suoi antenati: individua fra i tanti un animale che lo colpisce in particolare e comincia ad elaborarci sopra proiettando sul prediletto i suoi propri desiderata e pregiudizi. Infatti – obietta l’Altropologo, perché testare jazz e sinfonica sugli squali e non tarantella e dodecafonica sulle sogliole? O perché no canto mongolico e Wagner sulle lumache? E poi – e poi. Sfido io: l’Heterodontus Portusjacksoni è uno squaletto dal muso simpatico mai più lungo di un metro e qualcosa. Perdipiù presenta una livrea variegata che lo fa assomigliare un poco al Pesce Pagliaccio. Ovvio che preferisca il jazz. Però – sostiene l’Altropologo – se si proponesse l’attacco della Quinta di Beethoven a uno Squalo Bianco Carcharodon Carcharias di sei metri vedreste voi come si fionderebbe sulla preda... Chi scommette sui gusti musicali degli squali?