Tra i grandi interrogativi che, nelle diagnosi del momento, pesano sul futuro dell’economia ticinese vi è quello relativo all’evoluzione della produttività. Da anni il tasso di crescita di questa grandezza è in diminuzione. La spiegazione più diretta di una simile evoluzione (fatta naturalmente a occhio e croce come la può fare un commentatore economico esterno alla ricerca) è che il tasso di variazione della produttività diminuisce perché l’economia ticinese è estremamente orientata verso le attività ad alto contenuto di lavoro. Dei due fattori che influenzano la produzione, lavoro e capitale, in Ticino ad essere particolarmente abbondante è il primo.
L’economia ticinese è dunque un’economia fondata sul lavoro. Data per acquisita questa verità, che cosa ne facciamo degli studi che, in questi ultimi tempi, hanno dimostrato che, se comparata con le altre regioni europee, la capacità innovativa dell’economia ticinese è particolarmente elevata e, a livello nazionale, si trova più o meno nella media? Gli economisti sono infatti abituati a considerare l’innovazione come una grandezza che incrementa in particolare la produttività del capitale. In via di principio dunque, un’economia sempre più basata sul lavoro e, in particolare, sul lavoro a buon mercato dovrebbe essere, invece, un’economia, a un tempo, con tassi di variazione della produttività in diminuzione e poco innovativa. Arrivato a questo punto il lettore avrà afferrato che nell’interpretazione tradizionale della crescita economica un’economia che basa la sua crescita, quasi esclusivamente sul fattore lavoro, non dovrebbe avere né tassi di aumento elevati della produttività, né una capacità innovativa largamente superiore alla media (almeno nel confronto internazionale). L’economia ticinese fondata sul fattore lavoro la capacità innovativa invece ce l’ha. Come la mettiamo dunque?
Per rispondere a a questa domanda dobbiamo ottenere maggiori informazioni sul processo innovativo nell’economia ticinese. È quello che si sono proposti di fare Vincenza Giancone e Erich Stephani in un loro contributo dal titolo Innovazione in Ticino, ora disponibile sul sito dell’Ufficio cantonale di statistica. Nella loro analisi essi hanno ripreso i risultati dell’inchiesta biennale sull’innovazione del KOF che, nell’edizione più recente (2016-2018), ha, per la prima volta, pubblicato dati per 7 grandi regioni, fra cui il Ticino. Il KOF ha diviso le attività innovative nei due classici gruppi dell’innovazione di prodotto e dell’innovazione di processo. Detto in parole povere, l’innovazione di prodotto si propone di incrementare le vendite aprendo nuovi mercati con nuovi prodotti, mentre l’innovazione di processo è orientata a ridurre i costi di produzione. I risultati dell’inchiesta mostrano che le aziende ticinesi, a differenza di quelle nazionali, si orientano maggiormente verso l’innovazione di processo. L’innovazione di prodotto è però presente nel settore dei servizi: nello stesso la prestazione in materia di innovazione di prodotto delle aziende ticinesi è addirittura superiore al valore medio nazionale. L’informazione stando alla quale nelle aziende ticinesi sono le innovazioni di processo, in generale, a prevalere, potrebbe però contribuire a spiegare, in parte, la contraddizione ricordata all’inizio dell’articolo.
Vediamo di spiegarci meglio. In un’economia labor oriented come quella ticinese i costi di produzione – in particolare quelli del fattore lavoro – sono importanti. È quindi più che naturale che le aziende si preoccupino di contenerli e concentrino le loro attività di innovazioni nel campo delle innovazioni di processo, ossia di innovazioni che si propongono di ridurre i costi di produzione e, in pratica, di aumentare la produttività. Tuttavia, a inficiare, almeno in parte, questa conclusione viene il dato concernente il settore dei servizi nel quale è l’innovazione di prodotto a primeggiare. Questo settore, ricordiamolo, è, sia per numero di aziende che per quota nell’occupazione, il più importante dell’economia ticinese.
Insomma, gli approfondimenti dei collaboratori dell’USTAT danno una pista ma non bastano per sciogliere la contraddizione di un’economia altamente innovativa nella quale però la produttività è stagnante. Andando un po’ oltre la loro analisi si potrebbero però suggerire un paio di ipotesi che potrebbero aiutare a spiegare l’arcano. La prima l’abbiamo già ricordata. Nel settore più importante, quello dei servizi, è l’innovazione di prodotto a prevalere, un tipo di innovazione che forse influisce meno sull’aumento della produttività dell’innovazione di processo. La seconda spiegazione ipotetica si basa sul fatto che solo un terzo circa delle aziende dell’economia ticinese (come anche dell’economia svizzera) perseguono attività innovative. È addirittura possibile che la loro taglia sia inferiore alla media. In altre parole l’innovazione tecnologica, in Ticino come in altre regioni del paese, viene fatta dalla piccole e piccolissime aziende. Per questa ragione, forse, le innovazioni di processo, che pure sono presenti in misura superiore alla media, specie nel settore dei servizi, non riescono a tener alta la marcia della produttività. Si tratta di conclusioni un po’ spicce che andranno verificate con i risultati di ulteriori inchieste e adeguate analisi.
Ticino, cantone innovativo ma a bassa produttività
/ 31.01.2022
di Angelo Rossi
di Angelo Rossi