Theodor, il Giardino Zoologico e gli orsi marsicani

/ 01.05.2023
di Melania Mazzucco

Nel maggio del 1915, l’Italia si unì – entusiasta – alla carneficina che già da nove mesi stava massacrando la gioventù d’Europa. Gli stranieri cittadini dei Paesi belligeranti, rimasti nel Belpaese neutrale perché non credevano sarebbe mai entrato nel conflitto, o semplicemente perché non ritenevano il luogo in cui erano nati più importante di quello in cui avevano scelto di vivere, furono segnalati, molti posti sotto vigilanza: i sudditi austro-ungarici – additati come nemici – costretti al confino in Sardegna o internati altrove. Bambinaie, governanti, cameriere, fotografi ambulanti, artisti del circo, ballerine, suore, preti, cocottes; tedeschi, ma anche ungheresi, turchi, albanesi, russi, armeni, aristocratici amanti dell’Italia più dei nativi e munifici benefattori delle sue bellezze, artisti o emigranti: tutti sospettati, spesso licenziati e costretti al rimpatrio. Accusato da articoli forcaioli sui giornali di essere una spia tedesca, Theodor Knotterus-Meyer fu cacciato e perse il lavoro. Era il direttore del Giardino Zoologico di Roma – il primo, poiché lo zoo era stato allestito da poco grazie all’aiuto dell’esperto Carl Hagenbeck, che aveva fatto arrivare da Amburgo un carico di animali, fra cui l’elefantino M’toto.

Alla fine di giugno il Presidente della Società del Giardino Zoologico si appellò al Ministro dell’Interno, lamentando l’infondatezza delle accuse, dovute al clima isterico dell’entrata in guerra – o peggio, alle denunce anonime e calunniose di qualche impiegato, che poteva finalmente vendicarsi del licenziamento. Theodor Knotterus-Meyer, che si occupava dello zoo di Roma dal 1910 e ne aveva pubblicato la guida nel 1911 (le versioni illustrate in inglese e in tedesco si vendono tuttora sui siti delle librerie antiquarie), era infatti noto per l’inflessibilità germanica. Ma si considerava ormai italiano, tanto da aver chiesto la cittadinanza. Senza la guerra, forse avrebbe già avuto il passaporto italiano. Il suo allontanamento sarebbe stato catastrofico per l’azienda e per gli animali. Già tutto il personale dello zoo era stato mobilitato o richiamato alle armi… Ma chi ha il tempo di prendersi cura degli animali, in guerra? Salvo muli da soma, cavalli, cani o piccioni viaggiatori, risultano inutili. In Belgio, nell’imminenza dell’invasione tedesca, tutte le bestie di uno zoo (comprese le scimmie e gli innocui uccelli) erano state soppresse. Nessuno avrebbe potuto custodirle, e non si poteva permettere a leoni, lupi, tigri ed elefanti di scorrazzare in città. Theodor – tenente della riserva dell’esercito prussiano, benché giudicato inabile al servizio militare per un vizio di cuore – capì di non potersi aspettare comprensione, e nel settembre del 1915 riparò nella neutrale Svizzera.

Fino a quel momento, era stato «un uomo agiato», dalla reputazione ottima: frequentava la migliore società romana – anche teutonica, certo. Era amico di professori e giornalisti, nonché del libraio Lux alle Convertite, figlio di genitori tedeschi. Il suo nome era giunto fino a corte, tanto che il Principe di Piemonte lo aveva incaricato di occuparsi della sua collezione zoologica. Qualcuno, in alto loco, lo difese. L’irreprensibile scienziato aveva sempre lavorato per il bene dello zoo.

Non so come si sia conclusa questa storia – una briciola documentaria nell’Archivio del Tempo. Negli anni Venti Knotterus-Meyer pubblicò i suoi studi sui primati in Germania e lì morì nel 1936. Ma a differenza del Belgio, Roma non subì l’invasione e, pure se nel 1915 il Giardino zoologico dichiarò fallimento, gli animali sopravvissero alla Grande guerra. Stranieri pure loro. L’elefantino impazzì, uccise il suo custode e si guadagnò la fama di criminale. Ogni volta che, accompagnata da zirli, bramiti e ruggiti, passeggio nei viali fioriti del Giardino Zoologico, oggi Bioparco – più vasto, più etico, ma in fondo ancora simile a come lo volle Theodor – penso a quel dottore tedesco in scienze naturali che era stato condotto a Roma non dall’amore per l’arte, le rovine, l’estetica, il mito del Rinascimento, del Barocco e della dolce vita, ma dalla passione per gli orsi marsicani, i lemuri e gli scimpanzé. Forse in loro si era riconosciuto. Gli animali in cattività sono sempre esuli.