Teledemocrazia, un modello?

/ 24.10.2016
di Peter Schiesser

Non c’è dubbio, è stato un evento televisivo senza precedenti, un drammatico  esempio di tele-democrazia, quello inscenato dallo scrittore, drammaturgo e avvocato tedesco Ferdinand Von Schirach, prodotto da Ard in collaborazione con Orf e Srg e trasmesso in Germania, Austria, Svizzera, Cechia, Slovacchia: un film in cui morale e legge si avvinghiano in una contraddizione senza soluzione, il cui finale sarebbe dipeso dal voto degli spettatori.

Sintetizziamo la trama di Terror – Ihr Urteil (Terrore – La vostra sentenza): un aereo della Lufthansa con 164 persone a bordo viene dirottato il 26 maggio 2016 nei cieli sopra Monaco di Baviera, gli indizi portano a credere che i terroristi vogliano far precipitare l’aereo nello stadio in cui si sta giocando la partita Germania-Inghilterra davanti a 70mila spettatori. Senza ricevere alcun ordine, il maggiore della contraerea Lars Koch decide di abbattere l’aereo: 164 vite recise per tutelarne 70mila. Colpevole? Innocente? In Germania ed Austria 86,9 per cento degli spettatori lo assolvono, in Svizzera 84,9. Seguono dibattiti televisivi (in Svizzera: Arena) e articoli sui giornali. Un momento catartico collettivo: un atto dall’alto contenuto morale prevale sullo stato di diritto. Così sentenzia il popolo.

Operazione riuscita? Dal punto di vista del successo di pubblico e mediatico, certamente. Ma personalmente provo un senso di disagio. Conoscendo il mezzo televisivo, so che è possibile indirizzare un giudizio con la costruzione della trama e delle immagini. In questo caso non è il filmato che vizia il giudizio, ma ciò che avviene in seguito: dopo il televoto, le catene televisive hanno trasmesso il filmato con la sentenza d’assoluzione, ma non quello con la sentenza di colpevolezza (messo solo online). Considerato che i due filmati esprimevano punti di vista giuridici altrettanto validi, mostrarli entrambi avrebbe permesso agli spettatori di farsi un’idea della complessità della materia, forse covando qualche dubbio in più anziché cullarsi in una certezza morale diventata fittiziamente anche giuridica. E se fossero stati mostrati prima del televoto, forse lo scarto tra innocentisti e colpevolisti sarebbe stato minore.

Inoltre, sappiamo che nelle domande dei sondaggi possono già celarsi le risposte: che cosa avrebbe risposto il pubblico se nella domanda su innocenza o colpevolezza di Lars Koch vi fosse stata anche l’aggiunta «a bordo dell’aereo c’è un vostro stretto famigliare»? Giudicare moralmente di fronte a dei numeri astratti, anche se si tratta di persone, è facile, ma che cosa succede quando viene toccata la nostra sfera più intima? Le 5 reti televisive hanno optato per la variante spersonalizzata, pur ammantandola di umanità. Una scelta, ma non l’unica possibile.

Inoltre: è compito di reti televisive pubbliche dare al pubblico la possibilità di ergersi a giudice su questioni altamente morali e giuridiche? Sappiamo che quel voto non ha alcun valore giuridico, ma ora sappiamo che quel «popolo» rappresentato dal pubblico televisivo votante si sente compatto e confermato in un suo giudizio semplicistico su una materia in cui si intrecciano morale, etica, diritto, con implicazioni che, in realtà, una prima reazione di «pancia» di fronte ad un filmato televisivo non è in grado di soppesare appieno. Anche se le intenzioni dei produttori erano certamente diverse, forse non è stato valutato a sufficienza il potenziale «populista» di una simile operazione (alla quale ne seguiranno altre, ancora su temi altamente controversi e scottanti): si è dato agli spettatori un’illusione di onnipotenza, di ergersi a giudici senza avere i criteri per esserlo. La teledemocrazia non è migliore della democrazia.