Tea e la sua ombra

/ 31.10.2022
di Bruno Gambarotta

Teodolinda Ognibene Marescalchi, Tea per gli amici, fino a quella fatale domenica non aveva mai avuto motivo di lamentarsi della sua Ombra: fedele, discreta, signorile. In altre parole, sapeva stare al suo posto, un elogio che oggigiorno purtroppo non puoi fare di nessuna colf. C’era stato per la verità un episodio che avrebbe potuto essere un segnale d’allarme, ma Tea aveva un animo troppo generoso per essere in grado di interpretarlo nel modo corretto.

Siamo in Costa Smeralda, nella stagione in cui è finalmente defluita l’orda dei turisti che si portano i panini da casa. La sua amica del cuore, Maria Selvaggia Pistacchini, Ini per gli intimi, invita Tea e suo marito a cena in un ristorante celebrato dalle guide: «il pesce come non l’avete mai gustato». Ci sono solo quattro tavoli, si prenota con un anno di anticipo. Ecco il cameriere stagionale (due lauree e un master) avvicinarsi al tavolo delle due coppie di amici reggendo un grande vassoio ricco delle parti pregiate e spinate di svariate qualità di pesce. Ecco che lo inchina verso Tea per iniziare a servirla, ecco che perde l’equilibrio, ecco che nel vano tentativo di non cadere rovescia il contenuto del vassoio, metà a terra e metà in grembo a Tea. Sgomento dei quattro commensali, sguardi curiosi e divertiti dagli altri tre tavoli, costernazione del titolare subito accorso sul luogo del disastro. Il cameriere avanza una maldestra giustificazione: «È stata lei a farmi inciampare!» puntando il dito accusatore sull’Ombra della signora. E indica Tea, tentata da un gambero rosso adagiato sul suo grembo che invoca: mangiami! Risultati: licenziamento in tronco del cameriere, mille scuse, omaggio della cena, rimborso delle spese in tintoria per i vestiti. Nessuno pensa a consolare la povera Ombra. Tranne Tea che si china per cercarla sotto il tavolo e si rincuora vedendo che si aggira sinuosa fra i frammenti di bianche polpe di pesci. Trascorre un anno, è di nuovo estate. Tea e suo marito trascorrono il mese di agosto nel loro casolare immerso nella campagna umbra, lontano dalla folla. È una domenica pomeriggio quando si verifica l’evento in testa alla classifica fra quelli più detestati dalla nostra Tea: l’improvvisata di un gruppo di amici che hanno pensato bene di fare una sorpresa. L’invito a cena è inevitabile, lo impongono le regole del bon ton. In casa non ci sono provviste sufficienti, i negozi del piccolo paese sono tutti chiusi, di aperto c’è solo un transatlantico in mezzo ai campi, un mostro della grande distribuzione. Tea è una vera signora e la sola idea di metterci piede le ha sempre fatto orrore. Deve vincere il ribrezzo. Mentre il marito intrattiene gli ospiti, Tea sale sulla campagnola e si avvia verso il sacrificio. Come accade a tutti quelli che affrontano per la prima volta le corsie di un supermercato, Tea si muove come una sonnambula, con le pupille dilatate. L’Ombra invece è ben sveglia e quando si trovano, lei e la sua padrona, a scorrere accanto al banco dei pesci surgelati, decide di fare una prova per vedere se Tea avrebbe reagito. Si allunga quel tanto che basta, afferra una bella orata da un chilo e la depone nel carrello, trattenendo il fiato. Tea non si è accorta di niente. L’Ombra ha solo una manciata di secondi prima che Tea svolti nell’altro corridoio. È una frenesia di pesci surgelati buttati nel carrello come viene viene. È stracolmo quando si mettono in coda. Tea osserva come fanno i clienti che la precedono e, quando arriva il suo turno, estrae dal carrello tutta la merce depositandola sul banco davanti alla cassa, facendone due mucchi, uno con i prodotti scelti da lei e l’altro con i pesci surgelati. La cassiera inizia a leggere il codice a barre dei prodotti del primo mucchio mentre Tea si affretta a precisare, indicando l’altro mucchio: «Quella non è roba mia».

«Come sarebbe a dire che non è roba sua. Chi ce l’ha messa qui?»

«Sono stata io. Ma non è roba mia. La roba mia è questa» e indica il primo mucchio.

«Sa, io sono una vera signora, figuriamoci se mangio del pesce surgelato».

La cassiera ha gli occhi fuori dalla testa: «Mi faccia capire: questo è il suo carrello, giusto? E tutta questa roba lei l’ha tirata fuori dal suo carrello e me l’ha messa sul banco. Giusto?».

«Tutto giusto. Ma il pesce non lo voglio, non l’ho messo io sul carrello».

La cassiera grida: «E chi ce l’ha messo, io forse?»

Clienti e cassiere si sono bloccati per vedere come andrà a finire.

(Continua – fine prima parte)