Tea si arrende: «Va bene. Va bene. Ha ragione lei. Metta pure tutto in conto». «Vorrei vedere», infierisce quella gallina dalle penne arruffate, scuotendo le sue voluminose chiappe sullo sgabello. Tea paga con la carta di credito e carica tutto nel baule dell’auto. Giunta a casa, recupera solo i suoi acquisti, lasciando lì i pesci: li sistemerà in frigo quando gli ospiti saranno andati via. Durante la cena sotto il portico, l’Ombra di Tea fa sforzi crescenti per raggiungere la sua preda che ha iniziato a scongelarsi. E a puzzare. Gli ospiti fanno gli spiritosi: «Chi sono i vostri vicini, dei pescivendoli?»; «Quanto dista il mare da qui?»; «Avete fatto buona pesca?».
L’Ombra tira, tira tanto che, per non cadere a terra, Tea deve tenersi alle spalliere delle seggiole. Sentendosi mancare le forze chiede al marito di allontanare l’auto che nel frattempo è stata circondata da un nugolo di gatti randagi. L’Ombra, quando si accorge che stanno per sottrarle il frutto di tanta fatica, si ribella e corre a difendere il suo prezioso bene. Si stira e riesce ad aggrapparsi al finestrino dell’auto un attimo prima che il marito la metta in moto. Tea, sempre con il sorriso stampato in faccia, si aggrappa a un’amica spogliandola, poi a un tavolo che si rovescia, fino a trovarsi lunga distesa per terra a lottare contro un nugolo di gatti affamati e rabbiosi. Da quel giorno, Tea giura guerra senza quartiere alla sua Ombra: «O lei o io, scegli», ordina al marito che, dopo aver valutato il pro e il contro, decide di scegliere Tea (e il suo cospicuo patrimonio). Inizia consultando grandi clinici ma, fra le tante specialità, non esiste l’Ombrologo. Il marito di Tea opera nel mondo dell’alta finanza, ha molte conoscenze nel mondo della malavita. Fa girare la voce in cerca di un killer discreto e fidato. In molti si fanno avanti ma, quando sentono che si tratta di ammazzare l’Ombra di una signora dell’alta società, si tirano indietro. Tutti tranne uno, un ometto insignificante, balbuziente, con un ciuffo di capelli rossi in mezzo al cranio, vestito con un frac, a metà fra un cameriere e un direttore d’orchestra in disgrazia. Chiede e ottiene carta bianca. La mattina del giorno dopo Tea va a passeggiare nell’isola pedonale della città. Dopo aver fatto su e giù per un po’ di volte, incontra come per caso il buffo ometto in frac, anche lui provvisto di un’ombra.
«Desidero farle i miei complimenti per la sua ombra».
L’Ombra di Tea si blocca e si mette in ascolto.
L’omino prosegue: «Sa, io sono un esperto di ombre. Nella mia vita ho conosciuto migliaia di ombre, ma la sua è la più bella che abbia mai visto».
Tea: «Me lo dicono in molti. Per i miei gusti però è un po’ troppo vivace».
«Vivace? Meglio». L’ometto si frega le mani, tutto contento. «Scommetto che sa anche ballare». L’Ombra improvvisa un balletto, sul marciapiede, sulle vetrine, sui muri.
«Perché vuole sapere se la mia Ombra sa anche ballare?», domanda Tea, sempre seguendo le istruzioni.
«Vede, cara la mia signora», spiega l’ometto in tono confidenziale, posando una delle sue ripugnanti manine pelose e sudate sul braccio di Tea, «io sono un impresario e sto organizzando uno spettacolo di ombre, il più grande di tutti i tempi, ripreso dalle televisioni di tutto il mondo. Finora mi mancava la protagonista. Dopo che ho visto la sua Ombra penso proprio di averla trovata».
L’Ombra di Tea è eccitata, è una gelatina tremolante.
«Non capisco cosa posso fare per lei», replica Tea. «Non pretenderà che io mi separi dalla mia Ombra. Anche se è un po’ vivace, le sono molto affezionata».
«Sarebbe solo per poco tempo».
«Ma io non posso vivere senza ombra, nessuno può farlo».
«Le cedo in cambio la mia. Il tempo di realizzare lo spettacolo e le restituisco la sua Ombra che nel frattempo sarà diventata una celebrità. Lo faccia per lei, se le vuole bene».
«Va bene, purché sia per poco tempo», accetta Tea, sapendo che è per sempre. Così sono i patti. Per lo scambio sono sufficienti pochi secondi.
Trascorrono mesi e dall’ometto nessun segno di vita. Tea intristisce senza le distrazioni che le offriva la sua Ombra. Questa ricevuta in cambio è disciplinata ma ridicola, goffa, sembra l’ombra di un grosso pipistrello triste. Una sera Tea è seduta col marito davanti al televisore ed esplora ancora una volta tutti i canali prima di spegnere e andare a letto. Così capita a caso su uno spettacolo mai visto prima: un’Ombra, la sua, che, diretta da un buffo ometto in frac, canta, balla e suona.
(Seconda parte – fine)