Svizzeri: fra nostalgia di casa e di altrove

/ 09.04.2018
di Luciana Caglio

A proposito di nostalgia, gli svizzeri ne possono legittimamente rivendicare la paternità. La parola fu, infatti, inventata nel 1698, da Johannes Hofer, studente di medicina all’università di Basilea, per definire, nella tesi di laurea, lo strano malessere che colpiva i mercenari svizzeri, reduci da guerre in paesi lontani. Anticipando la psichiatria, aveva individuato la causa nel sofferto desiderio di tornare a casa e, ricorrendo al greco, l’aveva chiamato nostalgia, da «nostos», ritorno e «algios» dolore. Era la versione colta di «Heimweh» e «Mal du pays», parole che Hofer, di origini alsaziane, aveva sentito pronunciare, nell’ambiente quotidiano. Più tardi, sull’onda della dilagante anglofonia, sarebbe arrivato, anche da noi, «Homesickness».

In idiomi diversi, il comune denominatore rimane pur sempre la casa, nell’intraducibile accezione di «Heim» e «Home», cioè di paesaggio umano, che racchiude persone, luoghi, abitudini. E staccarsene comporta uno strappo doloroso, che provoca nostalgia.

Anche la nostalgia, però, non è più quello che era. Non soltanto come vocabolo, ormai inflazionato dalla moda del rimpianto per un presunto bel tempo che fu. Ma pure come punto di riferimento. Dapprima, associato sul piano culturale, al romanticismo. In seguito, con la nascita degli stati-nazione, associato al patriottismo, sentimento emergente. E, quindi, il desiderio di tornare al paese, dove si è nati e cresciuti, era un indizio di attaccamento alle origini, qualcosa che, appunto, si chiama patriottismo. O nazionalismo. O amor patrio. La nostalgia, quale legame con le radici doveva subire gli influssi di un clima politico, ideologico, persino morale, sempre più mutevole. Diventando virtù o vizio, a seconda degli umori del momento.

Certo è che il concetto di patria, ridimensionato dal ’68 e, tornato attuale, come strumento di difesa identitaria, si manifesta in forme ben diverse: più sfumate e possibiliste, rispetto al rigore tradizionale. Ed è un cambiamento ormai visibile, che ci concerne da vicino, in una Svizzera solo in apparenza statica, chiusa, conservatrice. Ora, al di là delle percezioni, che possono sembrare vaghe, questa nuova realtà ha trovato una conferma statistica e scientifica importante. Si tratta dei risultati di un sondaggio di opinioni e reazioni, abbinato alla mostra, allestita in un luogo simbolo dell’elvetismo, lo «Stapferhaus» di Lenzburg. È stata visitata, fra 15 marzo 2017 e il 25 marzo 2018, da oltre 90’000 cittadini, disposti, volontariamente, a rispondere alla domanda: «Per te cosa significa la parola patria?» E patria nella versione «Heimat», vissuta direttamente nell’esperienza quotidiana, che si contrappone a quella patria «Vaterland», distante, persino astratta.

I dati raccolti, sottoposti alla valutazione neutrale dell’Istituto di ricerca psicologica di Monaco di Baviera, oltre a esternazioni prevedibili, del tipo «in città si è più aperti al cambiamento e agli stranieri che in campagna», offre sorprese. E, proprio sul tema nostalgia, che ha suscitato sentimenti inattesi. Se, da un lato, si registra sempre l’«Heimweh», che accompagna chi è lontano da persone e luoghi familiari, insomma dalla consuetudine, dall’altro, in ugual misura si fa sentire il «Fernweh». Che sigla il desiderio dell’altrove, per uscire da una realtà, dove ci si sente alle strette e da cui è facile scappare. Viaggiare sembra, ormai, un bisogno primario, più avvertito dalle donne che dagli uomini, e che accomuna giovani e vecchi. Il pensionato con la valigia è persino una figura rappresentativa dell’epoca. A volte, intraprende un viaggio verso destinazioni stabili, trasferendosi in Portogallo in Croazia o Thailandia. Mentre i cittadini svizzeri se ne vanno, scegliendo un esilio esotico, gli immigrati di vecchia data prendono una decisione di segno opposto. Rimangono in quella che, per loro, è diventata una seconda, anzi una vera patria. Sono scelte di vita, che non comportano complessi colpevolizzanti, di tradimento delle proprie origini. Semplicemente, si approfitta di nuove aperture burocratiche e mentali, che consentono di avere passaporti diversi e si sentirsi a casa propria in tanti luoghi. La consultazione di Lenzburg ha visto cadere vecchie tradizioni. Compresa quella del «Röstigraden»: oggi divide di più lo «Sushigraben».