Cara Silvia,
attendo da tempo di leggere nella «Stanza» un quesito che riguardi due sorelle ma, in tanti anni, non è mai stato affrontato. Ora lo pongo io, traumatizzata da uno scontro con mia sorella che non riesco a comprendere e superare. Siamo nate in una città di provincia particolarmente tranquilla, in una famiglia senza conflitti, almeno apparentemente. Ma mi sto rendendo conto che non esistono famiglie che non abbiano tensioni, magari nascoste. Cominciando dalla fine, la mia storia è questa. Un mese fa, dopo aver acquistato un soprabito che mi stava particolarmente bene, sono passata da mia sorella, che vive con la sua famiglia non lontana dalla nostra, per condividere la mia soddisfazione. Intenta a «stimarmi», non mi sono accorta della sua ostilità: taceva e diventava sempre più pallida finché d’un tratto, indicandomi la porta, mi ha sbattuto fuori di casa. Da allora non l’ho più sentita. Invitata al compleanno della mia figlia minore non ha mai risposto. Ma io non mi rassegno. Morti i nostri genitori, non abbiamo più parenti d’origine, nessuno con cui condividere ricordi e ora sento che, benché entrambe sposate con figli, siamo rimaste sole. Mi può capire?
Evelina
Certo che ti capisco, tanto più che tra mia madre e sua sorella avvenne, tanti anni fa, una rottura simile, che non si ricompose più. Mi auguro invece che il vostro screzio sia superato, anche se non è superficiale come potrebbe sembrare. Nella tua lettera racconti di essere la primogenita e che tua sorella, nata due anni dopo, è sempre stata gelosa di te, tanto che talvolta ti morsicava, nascosta sotto la tavola. La gelosia riguarda di solito il primogenito, detronizzato da un usurpatore. Ma, come vedi, è possibile anche il contrario. Molto dipende dall’atteggiamento della madre, non sempre equanime. In ogni caso il rapporto tra sorelle non è facile perché la costruzione dell’identità si svolge, almeno inizialmente, per contrapposizione.
Se il primo obiettivo è la madre (non essere come lei), il secondo è la sorella (essere meglio di lei). Accade così che la persona che più ci somiglia sia anche quella che sentiamo più diversa. Se la madre valorizza la differenza e controlla le preferenze, le due sorelle crescono unite e solidali.
Questo non deve essere accaduto nel vostro caso e, da quanto mi sembra di capire, sei sempre stata la prediletta mentre tua sorella ha cercato invano di eguagliarti: dopo il tuo matrimonio con un ingegnere, ha sposato un ingegnere, ha voluto vivere in una villetta simile alla tua e avere due figli come te. Il soprabito nuovo è il pretesto che ha messo in moto un’invidia remota, mai riconosciuta, mai moralmente condannata. Chissà quante volte tua sorella si sarà sentita meno bella, meno corteggiata, meno riuscita di te! E non importa se i dati obiettivi possono smentirlo, le passioni sono cieche. E si rivelano tali perché, al contrario dei sentimenti, coinvolgono il corpo, come rivela il pallore e il mutismo che hanno preceduto lo scoppio di collera che ti ha travolto. Anche per i vostri ragazzi non sarà facile perdere i cugini con i quali sono cresciuti e che hanno rappresentato i primi amici-nemici. Purtroppo la psicoanalisi, tanto attenta al legame genitori-figli, ha trascurato la sorellanza, che pure influenza i rapporti con le altre donne. Fortunatamente però è appena uscito un libro che colma questa lacuna. Scritto dalla psicoterapeuta Laura Pigozzi, s’intitola appunto Sorelle ed è edito da Rizzoli, Milano.
Ora, cara Evelina, ti chiedi come rimediare a una catastrofe affettiva che coinvolge anche mariti e figli. Meglio lasciar tempo al tempo, che può essere un grande terapeuta e poi, alla prima occasione, trovare una mediazione, evitando il confronto diretto, «faccia a faccia». Se i rispettivi mariti hanno buoni rapporti, lascia a loro il compito di ricucire la ferita quando avrà finito di sanguinare. E se questo avverrà, come spero, cercate di ricominciare in modo nuovo, declinando insieme eguaglianza e differenza.