Una decina di giorni fa è morto, a 79 anni, il prof. Silvio Borner. Aveva insegnato per molti anni economia politica all’Università di Basilea, creandovi una vera e propria scuola di economisti che si occupavano, seguendo un approccio strettamente tradizionale, dei problemi di politica economica del nostro paese. Borner era diventato una personalità di livello nazionale, molto attiva soprattutto durante la lunga crisi economica degli anni Novanta, quando la Svizzera, dopo il rifiuto popolare di aderire allo Spazio economico europeo, stava cercando una via d’uscita dal calo di attività che quella decisione aveva creato. Con i suoi collaboratori Borner aveva analizzato i problemi che si ponevano alla nostra economia in pubblicazioni come Svizzera SA, dal caso speciale al caso da risanare? che suscitarono un grande interesse.
La sua analisi della situazione era piuttosto drammatica. I lettori che hanno qualche capello bianco si ricorderanno che l’economia svizzera si trovava, in quel periodo, in una situazione di forte stagnazione contraddistinta dai tassi di disoccupazione più elevati che la Svizzera avesse conosciuto dopo la crisi economica degli anni Trenta. In termini di crescita del Pil si trovava, in quegli anni, nel drappello di coda dei paesi europei. D’altra parte la spesa dello Stato, per numerose ragioni, non cessava di crescere tanto che, già allora, ci si chiedeva come in futuro si sarebbe potuto continuare a finanziare istituzioni indispensabili come le assicurazioni sociali. Per Borner e i suoi collaboratori la ricetta era chiara: anche in Svizzera occorreva più mercato e meno Stato. Essi insistevano così perché, con adeguate riforme, si facesse maggior posto alla concorrenza. Da una parte dovevano sparire i cartelli che impedivano alla concorrenza di svilupparsi all’interno del paese. D’altra parte bisognava raggiungere con l’UE un accordo che consentisse alle aziende svizzere di continuare a svilupparsi a livello internazionale. Altrettanto importante del discorso sulla concorrenza era quello relativo alle privatizzazioni nel settore pubblico. Ovviamente l’attenzione si concentrava sulle regie federali come le PTT e le FFS, per non parlare delle aziende che producevano armi, ma i riformatori sostenevano anche la necessità di privatizzare servizi come l’educazione e la sanità essendo convinti che dalla privatizzazione non potevano nascere che benefici per tutti, produttori dei servizi e utenti degli stessi.
Borner si fece in quegli anni paladino di queste riforme con tenacia e caparbietà. Egli lasciava di frequente Basilea per predicare, in questa o quella riunione di associazione economica, o di partito, il suo credo riformatore. Né da meno era la sua attività pubblicistica in favore del suo programma. In quel relativamente breve periodo di predicazione della riforma neo-liberale, il prof. Borner non si limitò a pubblicare i risultati della sua ricerca sotto forma di libri e di articoli scientifici, ma prese anche posizione sui media pubblicando articoli e inviando contributi e lettere di lettore. Esauritasi alla fine del primo decennio del nuovo secolo, con l’arrivo della crisi finanziaria internazionale, l’ondata riformista neo-liberale, Borner, ormai in pensione aveva trovato un nuovo terreno in cui impegnarsi: la politica energetica. Egli combatteva ora contro l’abbandono del nucleare, una scelta che secondo lui non era motivata né, praticamente, poteva venir realizzata se non facendo sopportare costi elevati al contribuente.
Come ricorda il prof. Aymo Brunetti, che fu per anni un suo stretto collaboratore, in un necrologio apparso sulla NZZ, Borner non fu solo un ricercatore impegnato nelle riforme tese a limitare l’intervento dello Stato e a favorire una maggiore concorrenza, ma fu anche un insegnante, apprezzato da generazioni di studenti, che si fece in quattro per promuovere le carriere di diversi suoi collaboratori. In particolare quelle universitarie. È certamente anche merito suo se oggi i suoi collaboratori occupano più di una cattedra universitaria importante nelle università svizzere e tedesche.