Sabato 26 giugno. Ligio al «solo in streaming» a causa della pandemia, verso le 15 parto, nel senso che inizio a smanettare sul Mac, alla ricerca della cerimonia di consegna dei diplomi di maturità del Liceo 1 di Lugano. Sono più di mille in Ticino i giovani che ogni fine giugno vivono uno dei momenti più marcanti della loro vita. Quest’anno, come detto, sono in «streaming», videoripresi un po’ in tutto il cantone nelle varie sedi delle scuole superiori o private, quindi visti e seguiti (da genitori, nonni, fratelli o sorelle, amici) su nuovi televisori, computer, telefonini o tablet. Da sempre un po’ esclusiva, la cerimonia della matura delle quarte delle scuole superiori un carattere elitario per fortuna lo conserva ancora, nonostante le mazzate della massificazione.
Anzi, grazie proprio a questa diavoleria digitale resa obbligatoria dalla pandemia, la cerimonia sembra più accessibile, in qualche modo meno elitaria. Pensando a questa condizione immagino la festa dei duecento del Liceo 1 di Lugano e dei mille di tutte le scuole superiori diffusa nelle piazze del cantone, magari con cori e striscioni per rivendicare un futuro magari «alternativo». Di sicuro sarebbero circondati da una foresta di telecamere e microfoni! Invece capita il contrario: come sempre giornali e media online (inutile tirare in ballo il servizio pubblico di radio e tv) faticheranno a dedicare loro attenzione; come ogni anno ci sarà qualche stitico elenco di nomi, rigorosamente in ordine alfabetico, meticolosamente suddivisi per classi e per sedi; oppure si confezionerà la solita selezione delle migliori medie raggiunte dai più bravi e, se proprio andrà di lusso, vedremo qualche fotina con mecenati e sponsor assieme ai giovani premiati. Tutto il resto, cioè quattro anni di impegno, ansie, aspirazioni, conquiste, scoperte, progetti, il bagaglio necessario per accedere all’università, al lavoro e alla vita, non fa notizia. Di loro non ci si cura, che si consolino con lo «streaming». Anche l’atletico giovane che ha fatto incetta di premi riservati ai «super bravi»: diventi prima qualcuno in campo sportivo, come spera di fare, e poi avrà la sua bella intervista.
Torno al Liceo 1 di Lugano dove, sempre per le ragioni che impedivano riunioni, gli appuntamenti di tutte le «quarte» avvenivano in tre momenti del pomeriggio. La cerimonia che seguo inizia con la direttrice Valeria Doratiotto Prinsi che si rifà a un racconto di Daniele Del Giudice per ricordare che la matura liceale equivale al brevetto di pilota: il maestro si congeda e i giovani acquisiscono la facoltà di scegliere mete e rotte, liberi di librarsi in volo, di avventurarsi nella vita. Intermezzo musicale. Dopo di lei tocca a un docente rivolgersi agli ormai ex-liceali. Introduce il tema della memoria partendo da una fulminante immagine di Garcia Marquez: «... di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio». Confessa che avrebbe piuttosto dovuto parlare di futuro, perché «in prospettiva della costruzione del vostro futuro avete lavorato per quattro anni e in quel futuro state per immergervi». Poi approda al tema accennato con un consiglio: «Coltivate la memoria anche delle persone che vi hanno in qualche modo deluso» (e fra loro include anche i docenti che forse non hanno saputo valorizzare le qualità dei loro allievi).
Infine esorta i giovani a coltivare «anche la memoria difficile, il ricordo delle situazioni complicate, che vi hanno arrecato disagio, rabbia, sconforto, dolore». Ah, mi dico: che bello se il professore (Massimo Chiaruttini) potesse elargire questi inviti a tanti altri nostri giovani. Ritrovo così la contraddizione fra lo striminzito «streaming» per un fine liceo e la miriade di microfoni, immagini e megafoni mediatici per manifestazioni di piazza, importanti, comprensibili o opportune che esse possano essere. Mi pesa l’assenza di proporzione, intellettuale prima ancora che emotiva, fra il silenzio o il minimo indispensabile per l’impegno di mille giovani che si laureano e le trombe (anzi: le vuvuzela) per il frastuono di chi contesta. Sopra tutto, però, mi sfugge il senso di un giornalismo che sempre più artatamente trascura chi costruisce il proprio futuro.
La cerimonia del Liceo 1 si completa con un altro intermezzo musicale e con uno studente (Davide Leonelli) che parla a nome dei maturandi. Rivolto non solo agli amici presenti ma a tutti i giovani, fa scattare un abbagliante flash: «Siamo stelle in un buio che ci lega allo spazio tra di noi. E questo è uno di quei momenti in cui girarti e guardare al tuo fianco, guardare le persone attorno a te, vedere e sentire con loro ciò che hai dentro». Grazie, nipote.
Siamo stelle in un buio che ci lega
/ 12.07.2021
di Ovidio Biffi
di Ovidio Biffi