Siamo al cambio di paradigma

/ 07.03.2022
di Ovidio Biffi

Ognuno di noi ha già i suoi guai. E, da più di due anni, ha anche la percezione che questi guai siano in aumento, vista la drammatica successione di quanto il mondo è chiamato a combattere. Sino a poche settimane fa potevamo far risalire e addebitare le nostre angosce e le nostre paure, più che ad altre contingenze (dai ritardi nelle riprese delle economie sino ai problemi di denatalità, perdita di valori, mutamenti climatici ecc.), a una pandemia che… tutte le colpe porta via. Ora improvvisamente siamo nella fantasmatica condizione di non pensarci quasi più! Non perché la pandemia sia effettivamente debellata o superata, ma solo perché soppiantata, disintegrata quasi, da un inatteso cambio di paradigma politico che riporta in auge la messa in pericolo e la parallela perdita dei principali diritti universali, quindi della convivenza pacifica. In poche parole: siamo passati dalla paura per la nostra salute fisica minacciata da un virus, a quella di vedere minacciate, più o meno direttamente, tutte le nostre libertà individuali. E questo perché il presidente della Russia Vladimir Putin ha deciso di togliere la sua maschera e di confermarsi dittatore pronto a usare il suo nazionalismo rafforzato da oligarchia e potenza militare, da sempre sottostimate o tollerate dall’Occidente, per intromettersi nel gioco delle superpotenze avviato l’autunno scorso da Stati Uniti e Cina.

Mi scuso di rubare spazio a colleghi e politologi che in questi giorni con tesi e spiegazioni hanno fornito i primi commenti sull’attacco all’Ucraina. Mi limito a toccare solo un aspetto «collaterale» del mutamento intervenuto: le diversità rispetto al passato, in particolare quelle riscontrabili nei paralleli fra l’invasione avviata da Putin a fine febbraio in Ucraina e l’Anschluss che comunemente indica l’annessione dell’Austria decisa da Hitler il 13 marzo 1938, ma che in senso lato segna l’avvio dell’espansionismo nazista. I confronti fra le due azioni di guerra in realtà presentano notevoli differenze, fra le quali spicca quella fra l’atteggiamento dei due paesi: l’Austria quasi d’accordo se non contenta di salire sul carro nazista al termine di un lungo periodo di recessione economica e di contribuire ad allargare la spinta nazionalista di Hitler; l’Ucraina invece prontamente contraria ai disegni imperiali di Putin ed eroicamente decisa a difendere un’indipendenza a malapena salvata nel 2014 e di nuovo minacciata dal brutale intervento di chi comanda al Cremlino.

Non a caso, e questo amplia la differenza, contro la barbara baldanza autoritaria di Putin si è subito issata la serenità di spirito e la fermezza civile del suo omologo ucraino Zelensky, un «politico per caso» capace però anche di dire a Biden – che lo invitava a lasciare il paese, quindi in buona sostanza anche ad assecondare Putin – che lui «chiedeva sostegni contro i russi e non un passaggio». La diversità fra Hitler e Putin è poi segnata anche dal fatto che mentre il dittatore nazista ha iniziato l’espansione territoriale sospinto dalla folle ideologia del nazismo e dal sogno di imporre una «germanizzazione» a tutta l’Europa, Putin con l’attacco all’Ucraina cerca di colmare il vuoto ideologico su cui ha potuto costruire dapprima la sua ascesa politica e in seguito il suo dominio oligarchico, sopprimendo (si pensi solo alla Cecenia o a Navalny) ogni forma di opposizione e contestazione.

A questo punto il discorso contempla inevitabilmente anche le nostre colpe. Soprattutto quelle di un Occidente illuso che, in cambio delle centinaia di miliardi che Putin stesso e i suoi scherani spendevano in tutto il mondo in yacht, residenze sfarzose, acquisizioni mafiose o depositati in conti bancari segreti, la Russia non avrebbe mai chiesto ai nostri governi e alle nostre coscienze l’accondiscendenza per un attacco alla sovranità di un’altra nazione. Un Occidente talmente miope da impiegare settimane persino a capire gli allarmi dell’amministrazione Biden sui preparativi militari in atto («Putin bluffa» rassicuravano i tuttologi) e che solo davanti alla resistenza eroica del popolo ucraino ha capito che l’unica via era quella di ricompattarsi per dare a Putin risposte politiche e strategiche credibili, in linea con il cambio di paradigma drammaticamente aperto.