Siamo al calcio «che palle»!

/ 27.06.2022
di Ovidio Biffi

La storia si ripete, dice una massima sempre di attualità. Ma non è proprio così. Più preciso sarebbe dire che la storia è obbligata a ripetersi, perché noi dimentichiamo sempre quel che essa ci insegna. Strano incontrare simili pensieri dopo una domenica sera dedicata al calcio televisivo. Anzi: doppiamente strano, perché avevo già dimenticato che pochi giorni prima avevo giurato un «basta calcio estivo, basta calcio parlato». Invece torno a inseguire il fantozziano «frittatona di cipolle e rutto libero» e mi trovo incollato alla tv per un’altra partita di «Nations League» in compagnia di tre coppie che mi propongono rimandi e considerazioni. Provo a elencare, anticipando subito una stranezza: tutte le coppie, curiosamente, ricordano le grandiose figure del gatto e della volpe immortalate da Collodi.

Prima coppia, un gatto e una volpe che annuncio con un interrogativo: che relazione c’è fra l’AC Bellinzona che torna in Challenge League (in B, tanto per parlare chiaro) e il Tribunale penale federale? Nessuna, a prima vista. Eppure un legame c’è: infatti è nella nostra capitale, fresca di promozione calcistica, che sono sotto torchio una volpe 86enne ex-presidente della Fifa che al verbo «fare» ha sempre preferito il più redditizio «soddisfare» e un 66enne gattone francese, ex-fantasista del calcio, che a lungo ha brigato per ereditare tana e potere. Il verdetto, qualunque esso sia, difficilmente potrà riparare il danno di immagine che i due, incapaci di nascondere i loro intrallazzi, hanno arrecato alle massime istituzioni che reggono il gioco del calcio. Facile riandare al calcio come metafora della vita… Un solo auspicio: dopo questo processo tutti i dirigenti tengano conto della massima riportata all’inizio e, dal momento che il nuovo «conducator» della Fifa, sperando di arrivare ai mondiali del Qatar ormai imminenti, già arranca sugli stessi sentieri, si impegnino a impedire che in futuro certe competizioni in bilico fra ingordigia e cupidigia, nel calcio, non si ripetano più.

Seconda coppia, e siamo al gatto e alla volpe con maglie rossocrociate. Scettico da sempre, testardo e diffidente, a fine partita mi rendo conto che è stato sufficiente un ritorno dei «veci» per ritrovare un seppur lento andamento e per superare il Portogallo privo del suo «vecio» per eccellenza. Infatti a «cambiare» la Svizzera è stato soprattutto il ritrovarsi di una coppia che già si era messa in luce agli Europei del 2020 mostrando non solo virtù pedatorie. Come scordare il parrucchiere chiamato (d’urgenza) in Italia da Akanji per imporre un’aureola bionda sulla sua testa e quella di Xhaka? Bastava pensarci: tornato Manuel dietro, anche Granit ha subito dimostrato di saper ancora pennellare il pallone da costa a costa. E la Svizzera fu salva. O quasi. Perché una cosa è certa: per fortuna (o sfortuna) nostra, sarà soprattutto questa coppia a condizionare le prossime vicende rossocrociate.

Terza e ultima coppia: gatto e volpe della RSI. Non occorre evocare quel che il noto tandem dei microfoni nostrani riesce a sfornare, tra carabattole e teoremi euclidei, a dipendenza se gioco e punteggio della partita stanno premiando o meno l’economia calcistica elvetica. A guardare bene (anzi: ad ascoltare, più che a guardare) anche loro sono conferma che, finiti campionati e coppe, più che di allenatori svogliati e giocatori che inseguono vacanze e nuovi contratti, il calcio estivo è mediatico e parlato. Incuranti di risultati e spettacolo, tutte le nazionali – dalla Francia alla Spagna, dalla Germania all’Inghilterra, dall’Italia alla Svizzera – rispettano un unico proposito: sciorinare un soporifero tic e toc che addormenta anche cameramen e raccattapalle. È questo il risultato di un torneo organizzato dall’Uefa «pro sponsor» (ed euro-tv) con la scusa di sostituire le amichevoli di una volta, partite che in realtà favorivano preparazione tecnica e ideali per innesti di giovani e consolidamenti del gioco. Con la «Nations League» siamo invece approdati al «calcio che palle» cinicamente «sdoganato» come sport estivo, e sempre più snobbato da chi è obbligato a giocarlo. E non credo di essere il solo a pensare quant’erano belli i tempi con Giochi senza frontiere.