«Sia nobile l’uomo, soccorrevole e buono!»

/ 03.02.2020
di Natascha Fioretti

La scorsa volta ci siamo lasciati con il verso di Giobbe: «Poiché egli tiene gli occhi sulle vie dell’uomo, e vede tutti i suoi passi». Pensate a tutti i dati che raccolgono su di noi Google, Facebook e le applicazioni che utilizziamo ogni giorno. Negli Usa, alle fasce più povere della popolazione, grazie a dei finanziamenti pubblici, di recente sono stati distribuiti dei telefoni contenenti malware nascosti. Un esempio estremo ma indicativo dei pericoli ai quali siamo esposti nell’era della sorveglianza di massa in cui semplici applicazioni come Google Map, Whatsapp e altri osservano i nostri spostamenti, ascoltano le nostre comunicazioni, registrano le nostre abitudini e le nostre preferenze e per questo, perché conoscono tutto di noi, secondo Matthias Zehnder, autore del saggio Die digitale Kränkung. Über die Ersetzbarkeit des Menschen (La mortificazione digitale. Sulla sostituibilità dell’uomo) assumono una prospettiva, uno sguardo e una potenzialità divina. I computer, le macchine non solo ci sostituiranno ma prenderanno il controllo. L’esempio è quello del capotreno preoccupato perché presto un robot farà il suo lavoro. In verità le macchine non solo sostituiranno il capotreno ma prenderanno in mano la gestione dell’intero sistema ferroviario. Tra le professioni a rischio c’è anche quella del traduttore, da qualche tempo in concorrenza con le reti neurali artificiali utilizzate con successo per programmi come Google Translate. Leader in campo linguistico è l’azienda DeepL che in collaborazione con Linguee, il più grande motore di ricerca per le traduzioni, ha fornito agli utenti più di un miliardo di traduzioni. Dove andremo a finire se spariranno i traduttori, i capistazione, i contabili, i giuristi, i funzionari bancari e tante delle operazioni che oggi siamo abituati a fare interagendo con gli esseri umani, le faremo guardando negli occhi un robot? Altro che mortificazione, andremo incontro ad una tragedia umana, come i lemming compiremo un suicidio di massa. O forse no. 

La psicologa americana Sherry Turkle, nel 2012, con il suo saggio Alone Together (Da soli insieme) ci aveva messi in guardia da un futuro in cui avremmo preferito la compagnia dei robot e delle macchine. Il motivo? I robot e le macchine sono più affidabili e prevedibili dell’uomo che invece è un emotivo pieno di sorprese e fonte, molto spesso, di amare delusioni. Un esempio che può sembrare banale ma ci dà l’idea è il Bancomat: se tentiamo di prelevare e il conto è in rosso non dobbiamo giustificarci e non proviamo imbarazzo, una cosa diversa è sentirsi scrutati dallo sguardo curioso dietro lo sportello. Altri esempi sono le casse automatiche nei supermercati, molto gettonate se si fanno acquisti particolari e «imbarazzanti». Uno studio condotto negli ospedali americani ha dimostrato come un quarto dei pazienti preferisca condurre il colloquio per le proprie dimissioni con un assistente dotato di intelligenza artificiale che con un medico o un assistente del personale.

Vi avevo detto che c’era la luce in fondo al tunnel. Zehnder cita Enrico Pestalozzi «l’uomo è unità di cuore, mente e mano». Se le ultime due non sono più nostro appannaggio esclusivo lo è il primo, che è ciò che ci distingue. Se educato il cuore ci dona empatia, sentimento, intuizione, ci rende creativi, animali sociali e ci fa tendere verso la conquista di valori intellettuali e di una realizzazione personale. Per dirla con i versi di Goethe «Sia nobile l’uomo, soccorrevole e buono! Instancabile compia l’utile e il giusto; Poiché questo soltanto lo distingue da tutti gli esseri che conosciamo». La letteratura, come l’arte e la musica, ci ha tante volte indicato la strada, è stata salvifica per tanti individui in tanti momenti bui della storia. Torniamo allora al principio e cioè la partita di scacchi ma non tra Kasparov e Deep Blue: tra il famoso maestro Mirko Czentovic e il misterioso Signor B., protagonisti della Novella degli scacchi di Stefan Zweig. «Qualsiasi bambino può apprenderne le regole, qualsiasi idiota può cimentarvisi, eppure, all’interno di questo immutabile, angusto quadrato esso può generare solo una particolare specie di maestri, incomparabili a chiunque altro, esseri umani che possiedono un talento predestinato unicamente agli scacchi, uno specifico genio, in cui visione, pazienza e tecnica operano in una precisa ripartizione, come avviene nel matematico, nel poeta, nel musicista». L’importante non è vincere, essere più bravi, non è qui che risiede la bellezza dell’umanità.