Le situazioni drammatiche, come quelle della pandemia che stiamo ancora vivendo, possono far fare salti in avanti alla politica ha scritto di recente, su questo settimanale, Remigio Ratti. Forse è vero e forse no. Quel che è certo è che proprio in crisi di questo tipo nascono, o rinascono, dibattiti di importanza fondamentale attorno ai fini perseguiti dalla politica. Come, per venire al tema che vogliamo trattare in questo articolo, quello sulla decrescita dell’economia come mezzo per combattere gli effetti perversi della continua crescita sul clima e sull’ambiente. Nel corso delle ultime settimane è sorto , anche in Ticino, un dibattito sulla possibilità e sui vantaggi e i costi di una crescita negativa del Pil. Tutti coloro che vivono in vicinanza di grandi aeroporti (come è il caso del vostro servitore) hanno potuto apprezzare, in questi ultimi mesi, la pace di giornate senza aerei che, in partenza o in arrivo, passano sopra la vostra testa facendo così tanto rumore da impedire di capire che cosa vi sta dicendo, sopra la siepe, il vostro vicino. Anche i pochi pendolari rimasti hanno in cuor loro ringraziato il virus per aver tolto dalle strade almeno il 60% del traffico usuale. Il cielo è diventato più trasparente e l’aria migliore perché le immissioni dell’industria e del traffico motorizzato, così come le polveri fini, si sono ridotte vistosamente.
Certo che se guardiamo al costo in termini economici di questi aspetti positivi possiamo restare inorriditi. In più la decrescita non ha favorito tutti i gruppi di popolazione nel medesimo modo. Essa ha avuto aspetti positivi per certi gruppi di popolazione come i rappresentanti del ceto medio che vivono nella periferia dei grandi agglomerati urbani, in particolare i pensionati, ma anche costi enormi per gli imprenditori che hanno dovuto ridurre il grado di utilizzazione della loro capacità produttiva, per i lavoratori che si son visti imporre riduzioni di salario o, in molti casi, sono restati disoccupati, per l’ente pubblico che ha dovuto intervenire in tutti sensi e in tutte le direzioni per sostenere aziende e rami in difficoltà, e per le generazioni future che dovranno rimborsare l’enorme debito pubblico accumulatosi in questi mesi. E con questo esempio ci sembra di aver illustrato, in modo esauriente, anche i grandi temi del dibattito in corso su una possibile decrescita dell’economia nei prossimi decenni.
Le questioni centrali dello stesso sono due. La prima riguarda l’interrogativo a sapere se sia possibile programmare una crescita negativa della produzione nazionale in un’economia di mercato che usa il denaro per finanziare i propri investimenti e i propri scambi. Un economista-ecologista come Matthias Binswanger in Crescere è un obbligo, sostiene che non è possibile arrestare la crescita mantenendo banche e mercato. E non è che consigli un cambiamento di sistema. Piuttosto che battersi per conquistare un tasso di crescita negativo, Binswanger propone di concentrarsi sulla riduzione degli effetti ecologici negativi generati dal sistema attuale.
L’altro grosso tema di discussione è quello al quale abbiamo accennato nel nostro esempio, ossia quello degli eventuali effetti negativi di una riduzione drastica dei tassi di crescita sulla distribuzione della ricchezza e del reddito a livello mondiale. Ricordiamo che, da Adamo Smith a Keynes, per più di 150 anni, gli economisti si sono occupati esattamente del tema contrario: ossia degli effetti positivi che la crescita della produzione può avere a livello di redistribuzione del reddito e della ricchezza. Il problema è che, con la crescita di reddito e ricchezza, anche i bisogni sono aumentati, tanto che oggi il reddito minimo (garantito in molti paesi europei da legislazioni a livello nazionale) consente alla famiglia di coprire bisogni che, nel 1770, quando Smith lavorava al suo trattato, erano quelli delle classi più elevate. Da qui l’impressione che hanno molti che una possibile riduzione della crescita del reddito non dovrebbe avere conseguenze troppo gravi. Purtroppo, però, come hanno dimostrato le ultime settimane, tassi di crescita negativi hanno sempre un influsso asimmetrico sulla distribuzione del reddito. È vero che con la decrescita tutti avremo meno per i nostri bisogni. Ma è anche molto probabile che chi oggi vive in condizioni agiate potrà sopportare meglio la riduzione di chi invece deve, già oggi, vivere con poco.