Essere un povero senza fissa dimora: chi non l’ha desiderato in certi momenti? Abbandonare tutto, l’appartamento con relative infinite bollette e gravami, mollare i mobili e le suppellettili, questo è presto fatto, basta dare tutto in regalo; c’è chi opta per buttare tutto dalla finestra, fare una catasta e darle fuoco, anche piatti e pentole, che crepino! e la cristalleria, che vada in mille pezzi! e buttar giù l’ottomana, in un’esplosione di polvere, che bello! Però bisogna scappare perché chiamano i pompieri, se ti prendono ti mandano al servizio psichiatrico.
Mollare tutto e sparire, si accumulano le ingiunzioni, le multe; anche l’auto, lasciarla marcire per strada, dopo un po’ la vandalizzano, la portano via col carro attrezzi e la tengono in ostaggio nel deposito comunale, la multa cresce in proporzione ai giorni che passano, ma non viene nessuno, che se la tengano! Anche al conto corrente uno rinuncia, che resti lì, che se lo erodano con le spese fisse. Il telefonino in una fogna, non avere più indirizzo e reperibilità, sparire. Essere libero, non esistere.
L’unico problema che resta in sospeso è la salute. Bisogna avere una grande salute. Ma d’inverno si può camminare verso sud, dove il clima è accettabile, lo fanno anche le rondini, si migra, in un mese si fanno mille chilometri. Non si deve chiedere l’elemosina, e anche il vestiario non deve tradire la condizione di povero senza fissa dimora, perché in realtà uno deve considerarsi filosofo cinico, come cibo vanno bene gli scarti della nostra civiltà consumistica, si va a un mercato dove buttano via la frutta imperfetta e le verdure appassite, che mondate e lavate sono ottime; i fornai ti regalano il pane del giorno prima.
Volendo ci sono le mense dei poveri; i cibi sono gli scarti dei grandi supermercati, i cibi in scadenza, che sono ottimi, ben cucinati; ci vengono a mangiare anche persone altolocate ma avare; beh, fanno bene, piuttosto che quei ristoranti coi piatti quadrati, o coi piatti neri, in un angolino una pietanza indecifrabile e un ghirigoro di salsa sul resto del piatto. Mangiare quindi non è un problema, anzi mangiare meno si resta più sani. Se uno s’ammala? che so? polmonite: va al pronto soccorso, voglio vedere se non lo curano, poi appena possibile si scappa via. Evitare gli altri poveri senza fissa dimora, altrimenti si ricrea una società con le sue leggi, i caporioni, il baratto.
Ma arriviamo al punto fondamentale: il povero senza fissa dimora non vive a lungo, questo è un bene, al primo attacco di cuore se ne va, non lascia il mondo con dei rimpianti, e non lascia qualcuno che lo rimpiange, perché in un certo senso è già morto quando ha buttato l’ottomana dalla finestra, tutto il resto del tempo è un regalo.
D’estate si eviti il mare. Invece d’inverno il mare è bellissimo, le lunghe spiagge dove il mare getta di tutto, legni per fare fuoco, teli cerati per farsi un riparo, materassini che vanno asciugati e danno soddisfazione, a volte arrivano barche quasi intatte, o fasciami di barca; il non esistente tira la barca a riva, la rivolta e ci va sotto qualora scoppi un uragano, non c’è rifugio migliore. E quando tornano i pescatori, i pesci che scartano sono i più buoni, insieme alle verdure di scarto. Intanto al non esistente cresce la barba, che è grigiognola, perché solo a una certa età si desidera di non esistere, quando il furore giovanile è cessato e le smanie utopistiche.
E così passa l’inverno; se per caso nevica la spiaggia imbiancata è bellissima, si solleva dal lato del mare la barca, la si puntella con due assicelle arenate, e da lì sotto, con un focherello di braci alle spalle, si contempla il mare grigio nei suoi alterni luccicamenti. Passa Natale, passa febbraio, passano i giorni di mare infuriato, fa bene saltare anche i pasti, non esistendo si ha bisogno di poco; poi viene marzo, le giornate ariose di marzo, anche il non esistente si può commuovere per la bellezza del globo terrestre, per la visione di una nave silenziosa che passa lontano, e in cielo i cirri leggeri che corrono striati dal vento. E viene il tempo di muoversi, perché incominciano a pulire le spiagge per la calca prossima di luglio e agosto. Ma il non esistente è già in cammino per strade contorte, attraverso le piantagioni di kiwi e di ciliegie; ruba? no, è un baratto, in cambio dei kiwi e delle ciliegie lascia i prodotti del suo metabolismo, che sono concime, cioè l’alimento di quelle piante.
Intanto si accumulano le sue cartelle esattoriali, le pendenze col fisco, con le compagnie telefoniche, che mandano solleciti, mandano esattori, non si sa dove s’è trasferito, non risulta deceduto, le pratiche non vengono chiuse perché occorre la certificazione della scomparsa, e allora semplicemente vengono messe da parte; se si ripresentasse ne sarebbe sommerso: invece in cuor suo se ne ride.