Sentiamoci vivi e non riflessi

/ 21.06.2021
di Natascha Fioretti

Di questi tempi, se andate sulla homepage del sito del National Theatre vi capiterà di vedere un bellissimo, come sempre, Benedict Cumberbatch nei panni di Amleto. Accanto a lui noterete una scritta ingombrante che sulle prime vi creerà qualche perplessità. Una su tutte vi chiederete che cosa c’entri Prime Video di Amazon con il National Theatre. L’arcano è presto spiegato, Amazon e il Teatro hanno stretto un accordo per cui importanti produzioni teatrali in cartellone come Frankenstein, Amleto o Fleabag, di Phoebe Waller-Bridge, a molti nota come serie televisiva, saranno godibili in streaming sugli schermi degli abbonati inglesi e irlandesi. Per Lisa Burger, codirettrice del National Theatre, si tratta di un importante sostegno al settore: «chi fa teatro continua ad essere colpito dalle conseguenze della pandemia. Questa collaborazione ci permetterà di sostenere gli artisti».

Va detto che già in passato le performance teatrali del National Theater approdavano nei cinema inglesi. Martin Backlund, direttore dei contenuti Prime Video per l’Inghilterra e l’Irlanda si dice naturalmente contento di poter offrire ai propri abbonati alcune delle più memorabili produzioni teatrali dell’ultimo decennio e di quelli a venire, sottolineando come i migliori attori e le migliori attrici inglesi spesso abbiano iniziato la loro carriera calcando le scene teatrali: «è importante illuminare e mantenere vivo questo incredibile patrimonio». Non è il primo slancio di Amazon verso il mondo del teatro. Nell’agosto dello scorso anno ha donato mezzo milione di sterline al Fondo per la comunità teatrale lanciato da Olivia Colman, celebre protagonista della serie The Crown, con l’intento di conferire borse di studio ad attori e attrici in particolare indipendenti. Sappiamo che le misure anti Covid nell’ultimo anno hanno colpito tutto il settore culturale. In Inghilterra per i teatri le entrate si sono dimezzate. Dunque come si farà adesso, quali lezioni abbiamo imparato e quali le strategie per il futuro? A quanto riporta il «Guardian» in un articolo di Mark Sweney c’è di che stare allegri e per diversi motivi. Intanto la riapertura dei cinema inglesi nel primo weekend ha segnato un record di incassi con sette milioni di sterline. C’è fame di cultura e in fondo la storia ci ha già dimostrato come le avversità possano spronare la creatività.

Larry Elliott, economista, sempre sul «Guardian» ci ricorda che Shakespeare ha scritto le sue opere più importanti durante e dopo lo scoppio della peste. La Grande Depressione degli anni Trenta è coincisa con una produzione eccezionale di film hollywoodiani, insomma dai grandi shock come quello pandemico sgorga il balsamo della creatività. Non solo, pandemia a parte stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale circondati da supercomputer portatili, robot intelligenti, veicoli autonomi, importanti sviluppi nel campo della neuro-tecnologia, della scrittura del codice genetico e molto altro ancora. Le rivoluzioni industriali sono da sempre foriere di fermento culturale. Staremo a vedere se vale anche per noi, intanto è evidente che le nuove tecnologie stanno modificando il nostro modo di fare acquisti, lavorare e consumare cultura. È di questi giorni la notizia dell’acquisto della storica casa di cineproduzione, la Metro-Goldwyn-Mayer, da parte di Amazon per la bellezza di 8,45 miliardi di dollari. Per gli abbonati Prime Video significherà accedere ad un catalogo sempre più ricco di film e serie televisive.

Ma schermi e video a parte c’è e continuerà ad esserci chi al cinema e al teatro vorrà andare fisicamente. Mi metto anch’io nel gruppo e mi sono ritrovata appieno nelle parole di qualche giorno fa di Gigi Zoppello, vice caporedattore del quotidiano «L’Adige di Trento», alla sua prima teatrale dopo tanti mesi: «Per carità, tenetevi il vostro divano, Netflix, Amazon Video, lo streaming. Io invece sono guarito: mi è bastato – venerdì sera – tornare in un palchetto del Teatro Sociale di Trento per vedere il superbo spettacolo di danza di Hervé Koubi: il movimento, i corpi, il sudore, l’odore dei velluti e degli stucchi, la polvere del palco, le luci e… il pubblico». Che meraviglia, mai rinunceremo alla socialità, all’emozione del teatro che ci fa sentire vivi e non riflessi. Resta però il fatto che i tempi cambiano, i pubblici si differenziano e grazie alla tecnologia le offerte si moltiplicano. Possiamo dunque avere l’una e l’altra formula e, insieme, la ricchezza della scelta in un ecosistema sempre più vario.