«Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi». Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, per cui chi segue Il Caffè delle mamme sa che io ho una passione, è indignato dagli adulti che non capiscono cos’ha disegnato. Per loro è un cappello. Per lui, invece, il disegno rappresenta un boa che digerisce un elefante! «Gli adulti da soli non capiscono niente – ripete il bimbo che proviene dall’asteroide B612 –. Ed è stancante per i bambini dovere sempre spiegare tutto».
Ecco, ora che gli adulti siamo diventati noi, indubbiamente comprendere cosa passa nella testa dei figli è una sfida quotidiana. Con gli adolescenti è ancora più difficile. La buona volontà c’è. Ma i nostri ragionamenti sono condizionati, ed è ovvio che sia così, dalla visione da «boomer». È il termine con il quale, ormai lo abbiamo capito, vengono definiti i genitori considerandoli di una generazione passata. Siamo visti come vecchi, a partire da particolari come l’utilizzo delle parole, per esempio su whatsapp. In effetti per esprimere divertimento smisurato loro usano la sigla lmao (che sta per Laughing My Ass Off, ed è meglio non fare una traduzione troppo letterale dall’inglese), noi l’emoticon con le lacrime. Per noi non lo so è semplicemente non lo so, per loro Idk (I don’t know). Il nostro in verità per loro è tbh, che sta per to be honest. Come ci considerano spesso ce lo ricordano in modo spietato, dando per scontato che tanto noi mamme e papà non possiamo capirli. «Che te lo dico a fare?», il loro sbotto frequente.
Ma, a mio avviso, la questione non può essere derubricata al capitolo delle incomprensioni generazionali. Troppo facile. Ma anche ingiusto. Perché loro hanno le loro ragioni: anche se ciò non vuol dire che abbiano ragione. La mia convinzione è che a questi giovani che sono i nostri figli, magari troppo zitti e poco buoni – parafrasando i loro amati Maneskin – noi dobbiamo dare la massima fiducia. Per cercare di capirli al di là del loro mutismo, del loro essere sfuggenti, dei loro pensieri difficili da carpire. È il motivo per cui Le parole dei figli, la rubrica che da oggi leggerete una volta al mese su «Azione», ha il desiderio di raccontarli attraverso le parole che loro ci consegnano. La prima è la parola che più di ogni altra a mio parere contraddistingue gli Z, ossia i nati tra il ’95 e il 2010 a cui appartengono anche gli adolescenti di oggi: sensibilità. Una sensibilità declinata in mille modi. Quella sui temi ambientali che li porta a seguire Greta Thunberg, la 18enne svedese che denuncia davanti ai Grandi del mondo che «la nostra casa (ossia il Pianeta) brucia» e li porta in piazza con gli slogan del Fridays for Future (nella vita quotidiana ciò si traduce, per esempio, in sgridate allucinanti se quando ci laviamo i denti non chiudiamo l’acqua mentre ce li sfreghiamo). La sensibilità alla causa Lgbt, che sta per Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender: le borse di stoffa arcobaleno sulle spalle di molte 12-13 enni sono il segnale di una generazione che vede anche il sesso in modo più fluido e le etichettature o, ancora peggio, le discriminazioni per le preferenze sessuali sono (giustamente) incomprensibili. Ancora la sensibilità al body shaming, ossia ai pregiudizi che si scatenano per l’aspetto fisico. E alla causa del Black Live Matter, che tradotto letteralmente vuol dire «Le vite nere contano». Non possiamo scordarci, poi, la disponibilità a rinunciare alla loro libertà con senso di responsabilità nei momenti più brutti della pandemia.
Per capirli, allora, forse dobbiamo partire proprio dal loro linguaggio. È quello che, insieme a voi, tenteremo di fare in questo spazio. Una parola al mese, per cercare di vedere il mondo anche attraverso i loro occhi. Non solo quello degli adolescenti, ma anche dei più piccoli. È un tentativo di mettersi in gioco, senza rinunciare al nostro sguardo. Con il pensiero sempre a Il Piccolo Principe: «Agli adulti piacciono i numeri – rivela l’aviatore –. Quando raccontate loro di un nuovo amico, non vi chiedono mai le cose importanti. Non vi dicono: “Com’è il suono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?” Le loro domande sono: “Quanti anni ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?” Solo allora pensano di conoscerlo».