Le due di notte. Sala consultazione della Biblioteca Civica di Torino: su un tavolo ci sono due libri, lì dalla mattina per attirare l’attenzione delle scolaresche in visita. Nessuno li ha presi in mano: tutti gli studenti camminavano con lo sguardo concentrato sui cellulari.
I due libri non si parlano da 160 anni, li divide una vecchia ruggine, è ora di iniziare a scrostarla. Per tener fede alla sua fama di buonista, il primo a rompere il ghiaccio è Cuore: «Cosa ti costava», dice con tono accorato a Pinocchio, «prendermi in mano e iniziare a leggermi quando diventavi un ragazzo per bene?». Pinocchio ha un buon argomento per replicare: «E tu allora? Non ti dico di mettermi nello zaino del ragazzo che va dagli Appennini alle Ande, ma il piccolo scrivano fiorentino era perfetto: anche Collodi è di Firenze. Fai lavorare il papà del tuo eroe alla casa editrice Bemporad che pubblica il libro nel 1883 e il piccolo scrivano lo fai stare alzato di notte per copiare le puntate della mia storia che è nata prima su “Il Giornale dei bambini, nell’arco di 18 mesi tra la prima, 7 luglio 1881, e l’ultima puntata». Cuore: «Non ti basta essere stato tradotto in più di 200 lingue, quasi tutte quelle parlate nel mondo?» «E tu allora? Esci il primo giorno di scuola del 1886 e prima che l’anno finisca hai collezionato 40 ristampe e nel 1923 tocchi il traguardo di un milione di copie». Cuore: «Colpito. Ma perché allora i ragazzi non ci leggono?» Pinocchio: «Io una risposta ce l’ho: mai una volta che uno dei tuoi personaggi mangi qualcosa, vivete tutti d’aria. In quella classe di terza siete in settanta scolari, nessuno che faccia merenda. Torni a casa e non chiedi mai cosa c’è per pranzo». «Perché tu invece?» «Io almeno qualche scusa ce l’ho, non ho la mamma, a casa nostra il fuoco acceso e la pentola che bolle sono dipinti sul muro e la Fata dai capelli turchini non ha mai cucinato in vita sua. Però nel capitolo VII Geppetto mi regala la sua colazione, tre pere in tutto». «E tu le pretendi sbucciate. Butti le bucce e i torsoli, Geppetto li ricupera per sfamarsi ma tu poi mangi anche quelli. In un altro capitolo mangi anche le veccie che ti fanno schifo ma poi a causa della fame le trovi squisite. Cosa sono?» «Non puoi saperlo, sei un signorino. È della famiglia delle leguminose, è un foraggio per animali». «Hai ragione, ci vuole ben altro per ingolosire il lettore, adesso per vendere un libro devi metterci dentro pranzi, cene e le relative ricette. L’Artusi è nato nel 1891 e ancora lo leggono».
«Tu hai capito cosa guardavano quei ragazzi sui loro schermi?» «Navigano su Wattpad, dove scrivono le loro fanfiction: prendono come spunto un’opera letteraria per creare una loro storia. Amano le relationship dove i personaggi creano una coppia, sull’esempio di Chiara Ferragni e di Fedez che hanno dato vita ai Ferragnez». Pinocchio: «Bene, facciamo che la mia Fata dai capelli turchini si porta a letto il tuo Enrico, creando il mostro Fanrico». «Troppo prevedibile, fa parte della mission di una fata sedurre il ragazzino per bene». «Un’altra coppia: Geppetto e la maestrina dalla penna rossa, i Gepros». Cuore si ribella: «La mia maestrina dalla penna rossa non è una gerontofila. Dovremmo proporci in versione manga, quella preferita dai 90 milioni di scrittori e lettori su Wattpad. Se solo sapessi cosa significa manga». Pinocchio: «Pensiamo in grande. Il diario del tuo Enrico si svolge nell’anno scolastico 1881-1882, tra ottobre e luglio, mentre io Pinocchio galoppo senza posa tra campagne e mari toscani». Cuore: «Ti dirò di più. Mercoledì 26 ottobre 1881 Franti provoca il povero Crossi che risponde tirandogli un calamaio che per sbaglio va a colpire il maestro. Garrone, per innata bontà, si accusa, per coprire il povero ragazzo». Pinocchio: «E io il giorno dopo finisco impiccato per opera del Gatto e della Volpe. Creiamo un relationship fra i nostri due libri. Non su carta ovviamente ma online». Cuore è pessimista: «Dobbiamo rassegnarci. Siamo fuori moda.». «Caro il mio Cuore, devo darti ragione.
Come scrive Alberto Asor Rosa, noi due abbiamo anche in comune l’indicazione del sacrificio come strumento di elevazione morale e civica. Oggi parlare di sacrificio è una bestemmia. Per attirare i ragazzi tutto deve essere proposto come un gioco, anche lo studio». «Già, conta solo l’immagine e la nostra è superata».
Nota: il racconto prende spunto dalla rubrica «Le parole dei figli» uscita sul numero 15 di Azione.