Se non ci fosse la scienza

/ 30.03.2020
di Paola Peduzzi

Il documento che ha cambiato la storia del coronavirus in Occidente è stato redatto da un team di virologi e statistici presso l’Imperial College di Londra. Il capo della squadra, il professore Neil Ferguson (che ha poi contratto il virus), ha spiegato perché il semplice rallentamento dell’epidemia avrebbe avuto un costo umano molto elevato – 260 mila morti soltanto nel Regno Unito, più di un milione negli Stati Uniti – e quanto fosse necessario passare alla strategia della «soppressione» con l’isolamento più completo possibile. L’analisi di quel che è accaduto in Italia è stata decisiva.

Quel documento – venti pagine di modelli matematici e progressioni econometriche spiegate in modo molto chiaro e dal risultato evidente: chiudetevi in casa – ha fatto cambiare approccio al Regno Unito, alla Francia e agli Stati Uniti nel giro di poche ore. Il premier britannico, Boris Johnson, ha introdotto misure restrittive – con molta reticenza – fino al blocco totale del Paese; il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto più o meno la stessa cosa, insistendo sulla retorica «siamo in guerra»; il presidente americano Donald Trump ha pensato soprattutto al salvataggio economico, mentre la gestione concreta della pandemia è lasciata alle amministrazioni locali (degno di nota è il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, il più rassicurante e amorevole di tutti; degna di nota è la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, pragmatica e affettuosa, e nella rosa delle possibili vicepresidenti per il ticket democratico alla Casa Bianca).

Il prof. Ferguson è stato decisivo non soltanto per il valore del suo studio, ma perché si è coordinato con gli esperti di altri paesi, in un processo di collaborazione che per la ricerca è fondamentale sempre, in questo caso ancora di più vista la dipendenza diretta tra paesi – se le misure restrittive sono applicate a macchia di leopardo, i tempi dell’emergenza si allungano. Macron ha appena allargato il suo comitato scientifico, accogliendo nuove figure e soprattutto agevolando l’interazione: dopo l’iniziale leggerezza (mista a cinismo: nessuno voleva sacrificare l’interesse economico) il presidente ha iniziato a fare sul serio, la sua popolarità aumenta ma il costo del suo ritardo si potrà stimare soltanto tra qualche mese. In America, ha avuto molta risonanza il duo Anthony Fauci-Deborah Brix, gli epidemiologi che hanno partecipato alle conferenze stampa della task force anti pandemia messa in piedi dall’Amministrazione Trump – le loro mani e i loro commenti a labbra serrate mentre il presidente faceva le sue improvvisazioni resteranno nella storia. Fauci e la Brix sono diventati per qualche giorno la faccia della risposta del governo americano: pacati e molto diretti nel dire «state a casa».

Il lavoro di questi esperti si fonda su una serie di tabelle che sono state aggiornate fin dallo scoppio dell’epidemia in Cina – o meglio: fin da quando i cinesi ci hanno avvertito: se lo avessero fatto soltanto tre settimane prima, secondo uno studio dell’Università Southampton inglese, non ci sarebbe stata l’emergenza globale – e che mostrano come si evolve il contagio nei vari paesi. L’aggiornamento costante è fatto da un giornalista del «Financial Times», John Burn-Murdoch, che ogni giorno fa un’analisi comparata dei paesi «ritardatari» rispetto alla Cina, alla Corea del sud, al Giappone e all’Italia, che sono considerati i primi casi (l’Italia ha una rilevanza maggiore perché ha più elementi simili agli altri paesi occidentali, sia a livello sistemico sia a livello culturale). Questa analisi è fondamentale perché segna la linea del tempo della crisi, permette di capire l’efficacia delle strategie applicate e gli andamenti diversi: se non fosse per questa linea del tempo, molti paesi sarebbero ancora convinti che ci sia un’alternativa all’isolamento.

I tempi di apprendimento – reagire velocemente e con credibilità – sono invece una faccenda del tutto politica: gli esperti arrivano fin qui, poi tocca ai capi di governo. Che in alcuni casi sono già infastiditi dal troppo potere degli scienziati: se si ascoltano i trumpiani, per dire, quindi Fox News, l’insofferenza è molto evidente. Ma poi per fortuna al Congresso si approva uno stimolo economico enorme e soprattutto la competenza passa dagli esperti delle accademie a quelli sul campo: è in corso una grande riconversione aziendale in molti paesi, proprio come avviene nelle guerre, quando si vuole vincerle.