Se deleghiamo tutto, cosa ci rimane?

/ 11.11.2019
di Natascha Fioretti

Ricordo la prima volta che ho visto Her di Spike Jonze, da un lato l’ho trovato bellissimo, dall’altro inquietante. L’idea di conversare con un sistema operativo, neanche fosse un amico, mi faceva alzare i capelli ritti in testa. Devo dire che a distanza di qualche anno, il film è uscito nel 2013, sostanzialmente non ho cambiato idea. Ma è difficile restare indifferenti all’innovazione, è difficile non lasciarsi toccare o influenzare dalle novità che arrivano sul mercato. Un esempio semplice che però è indicativo della strada che abbiamo intrapreso: parlando con il responsabile di un concessionario di automobili scopro che i nuovi modelli sono dotati soltanto del cambio automatico. Non solo, mi dice che i giovani a scuola guida utilizzano esclusivamente il cambio automatico, dunque quello manuale nemmeno lo conoscono. Ricordo le parole di Adolf Muschg nella nostra ultima intervista a proposito di intelligenza artificiale, innovazione e auto: «Questo scomparire del presente, tanto che abbiamo bisogno di fare sesso per riuscire a sentirci, a percepire il nostro corpo, è inquietante. L’intelligenza artificiale ha gioco troppo facile con noi. Se deleghiamo tutto, cosa ci rimane?». Mi racconta che da giovane si ricorda il boom delle Studebaker: «sedersi in un auto del genere era un sogno possibile, ma guidarla? Questo era il sogno più grande ed era anche il senso del possedere un auto del genere. Oggi invece lavoriamo ad un modello che ci solleva da tutto questo, ci risparmia la guida. E la chiamiamo razionalizzazione. Ma le persone sono completamente matte? Si privano di un qualcosa che per la generazione precedente è stata una conquista».

Come sempre non tutto è negativo e non tutto impatta le nostre vite allo stesso modo, credo che la cosa più difficile sia mappare, conoscere, farsi un’idea di tutto quello che sta interessando la ricerca e pian piano arriva sul mercato e nel tempo, volenti o nolenti, cambierà radicalmente le nostre abitudini. Faccio un altro esempio molto concreto che mi ha ispirata. Mi riferisco ad un giovane, Marco Dal Lago, fondatore di CLARA, un’azienda ticinese che produce gilet luminosi pensati per ciclisti urbani, runner, pedoni, tutti coloro che in condizioni di scarsa visibilità hanno necessità di rendersi visibili. Sul sito (http://claraswisstech.com) potete trovare maggiori informazioni sul prodotto in questione, intanto a colpirmi è stata la convinzione con la quale mi ha detto che il futuro è scritto anche nella wearable technology, nella tecnologia indossabile che è già oltre ai più noti Google Glass e Smart Watch.

Incuriosita dal tema mi sono messa in pista a fare qualche ricerca. Informandomi ho trovato due piattaforme valide che in poche righe ci danno il peso e la sostanza di questo settore in evoluzione: Wear it (www.wearit-berlin.com) la piattaforma berlinese dell’innovation summit e WoW Women (www.womenofwearables.com), la piattaforma delle donne che fanno la differenza nel campo della tecnologia indossabile. A partire da Adi Meyer designer che lavora sull’intersezione tra nuove tecnologie, corpo e architettura. Il suo lavoro indaga le percezioni umane e le connessioni interpersonali attraverso delle interfacce fisiche e le esperienze in spazi pubblici. Attualmente lavora al dispositivo indossabile Aposema una leggera maschera facciale che legge le espressioni umane e specula sulla loro traduzione ricollegandole alle sei espressioni emotive universali di Paul Ekman: rabbia, paura, tristezza, gioia, sorpresa, disgusto. Dispositivo a parte, inquietante ma al tempo stesso affascinante, è interessante quanto dice Adi Meyer sul ruolo delle donne in questo settore «la nicchia del design indossabile è uno strano mix in cui le donne sono il target, il pubblico di riferimento principale per quanto riguarda la moda mentre gran parte dei dispositivi tecnologici indossabili sono disegnati e prodotti per un consumatore maschile. Nel colmare questo gap, questo divario, vedo un’opportunità per promuovere la parità di genere». Come e con quali progetti lo scopriremo nella prossima puntata.