Scuole in Ticino: scommessa vinta

/ 14.06.2021
di Luciana Caglio

Questa volta l’orgoglio di Manuele Bertoli si giustifica: quella che, da parte del responsabile del DECS, poteva sembrare una scelta azzardata e persino testarda, si è rivelata ragionevole, in definitiva vincente. Lo conferma il bilancio dell’anno scolastico, che si conclude in questi giorni: oltre nove mesi di attività normale, con presenza fisica in aula di allievi e docenti. Una normalità, su cui gravava l’incognita di possibili recrudescenze del virus. Ma la temuta seconda ondata autunnale ha toccato solo marginalmente la comunità scolastica: qualche caso isolato di classe o di allievo in quarantena, magari per via di una vacanza all’estero. Del resto, a temere la quarantena, sono proprio i ragazzi, ai quali, anche se non lo dicono, piace andare a scuola. È il luogo dove si conquista la prima indipendenza dalla famiglia e s’impara ad appartenere a una collettività più ampia, allacciando amicizie con estranei, scoprendo diversità.

E, di quest’ultimo aspetto della nostra quotidianità, la scuola è diventata lo specchio più diretto. Quasi un terzo, il 27,6%, della popolazione residente nel Cantone, si compone di stranieri: italiani, portoghesi, serbi, kosovari, turchi, srilankesi, e via enumerando le tessere di un mosaico sempre più variegato. Sono loro a influire sulla situazione anagrafica di una Svizzera che, altrimenti, registrerebbe più decessi che nascite. Fatto sta che, nelle aule scolastiche, la presenza di alunni di origine straniera è rilevante, con effetti reciproci sul piano umano. È da qui che parte il loro processo di assimilazione e, d’altro canto, il nostro di accettazione.

Oltre che istituzione, cui è affidata la gestione di un obbligo, per nostra fortuna ineludibile e prolungato, la scuola è anche un luogo nel senso materiale del termine. Caratterizzato da edifici e spazi destinati a ospitare, adeguatamente, le attività e le esigenze di utenti diversi per età, capacità, ambizioni. Dall’asilo d’infanzia all’università, insomma, lungo un percorso che ha visto crescere un’edilizia scolastica, dai connotati riconoscibili. Che, vanta precedenti illustri. Nel 1805, Pestalozzi aveva creato una scuola nel castello di Yverdon, frequentata, altro primato rivoluzionario, da allievi di nazionalità diverse. Mentre, nella campagna bernese, Jeremias Gotthelf raccontava storie di bambini, per la prima volta, a scuola.

Tutto ciò per dire che, in Svizzera, la scuola ha rappresentato, in modi diversi, una priorità sia dal profilo didattico che logistico. In Ticino, proprio l’edilizia scolastica apriva, a una nuova generazione di architetti, l’occasione per mettersi alla prova. Con la sede di un ginnasio a Bellinzona, progettato da Tami, Camenzind, Jäggli, nel 1958 s’inizia la stagione delle «scuole firmate». E, infatti, località minori, Morbio Inferiore, Riva San Vitale, Balerna, San Nazzaro, Camorino e via dicendo, si dotano di asili, elementari, medie di pregio. Qualcosa che non manca di stupire i visitatori d’oltre confine. C’è persino chi ironizza sulla ricchezza degli svizzerotti. In questo caso, ben spesa.

Tuttavia, le scuole firmate, citate nelle riviste specialistiche, non hanno ottenuto, in loco, consensi unanimi. Anzi, i genitori degli allievi, sempre più preoccupati per il benessere dei rampolli, denunciano pecche d’ordine logistico e organizzativo. Saranno pur belle, ma in pratica non funzionano correttamente, si sente dire. Del resto, la scuola, come istituzione ed espressione di potere, continua a essere il bersaglio di critiche e polemiche, spesso contraddittorie. Accusata di essere sia di destra sia di sinistra, questione di punti di vista e magari di pregiudizi. Ma, in fin dei conti, è un sintomo positivo: se ne parla perché conta. È una presenza che,in un modo o nell’altro, ci tocca tutti quanti. Non da ultimo sul piano emotivo. 

Nel rito di fine anno c’è un fondo di tristezza, che spetta a ogni congedo. L’aveva percepito De Amicis, con Cuore, libro-diario, recentemente riabilitato dai critici. Indimenticabile, il suo incipit: «Passarono come un sogno quei tre mesi di vacanza…». Un sogno che per i nostri docenti e allievi sta per cominciare. Vaccinazioni e tamponi permettendo.