Screzi tra Trump e il suo «delfino»

/ 24.01.2022
di Paola Peduzzi

Ron DeSantis è il governatore della Florida trumpianissimo, uno di quelli cui nessuno aveva dato granché credito fino a che Donald Trump in persona lo aveva notato e aveva deciso di farne una star del proprio movimento. Quarantatré anni, studi a Yale e ad Harvard, carriera militare (era tenente), una moglie cui è appena stato diagnosticato un cancro al seno (e quante brutture sui social contro il governatore scettico nei confronti del vaccino che ora deve affidarsi alla scienza affinché salvi sua moglie), tre bambini piccoli. DeSantis, che ha origini italiane, è diventato deputato del Partito repubblicano nel 2012 e governatore nel 2019 e in questo ruolo ha fatto da megafono locale, in uno Stato cruciale com’è la Florida, delle idee e dell’approccio trumpiano. In particolare, durante la pandemia, DeSantis è stato il più restio ad applicare le restrizioni anti-Covid, guidando anzi il fronte degli scettici nei confronti delle mascherine, delle chiusure, dei vaccini, figurarsi degli obblighi vaccinali. Anche nelle tante contese che ci sono state tra il Governo centrale e gli Stati quando Trump era presidente – Trump aiutava con più solerzia e generosità gli Stati repubblicani e non quelli democratici – la Florida è sempre stata tra i preferiti del «re». A molti repubblicani DeSantis è sembrato quindi un delfino di Trump: stesse idee, metà degli anni e soprattutto un altro cognome. Ci sono parecchi conservatori che stanno cercando un equilibrio nuovo con il trumpismo attraverso politici che sanno intercettare lo stesso elettorato senza le follie e le brutalità di Trump: DeSantis è il paradigma di questa trasformazione. O forse lo era.

Nelle ultime settimane i rapporti tra Trump e DeSantis si sono raffreddati e, per quanto possa sembrare surreale, questo deterioramento è stato determinato dalle divergenze sulla gestione della pandemia: Trump è il più moderato. DeSantis ha detto che avrebbe voluto essere molto più duro nel contrastare le politiche di lockdown avviate dall’Amministrazione Trump e che, guardando indietro, questo è il suo rimpianto maggiore. Che oggi combatte contrastando in ogni modo le politiche federali sugli obblighi vaccinali e mostrando come, nel mondo conservatore, oggi il radicalismo no vax e no obblighi è ancora più forte rispetto a un anno fa.

Dal canto suo invece l’ex presidente dice che è bene vaccinarsi e che è bene farlo in fretta e in tanti. Lo fa in senso autoelogiativo, per ricordare agli americani che è stato lui a pianificare la campagna di vaccinazione e che il suo successore, Joe Biden, ha soltanto beneficiato della sua lungimiranza. C’è molto Trump in questo approccio ai vaccini dunque, ma poiché quel che conta è che gli americani si vaccinino, cosa che fanno a rilento rispetto a molti altri Paesi occidentali, le sfumature si lasciano da parte. O almeno così fanno in molti, ma DeSantis no, lui non dice se si è vaccinato o no e continua a sostenere che la pandemia è più un’ossessione dei democratici che una realtà. Ma tutto starebbe nel gioco delle parti se non fosse che il governatore della Florida è uno dei repubblicani più accreditati a candidarsi alle elezioni del 2024, quelle a cui vorrebbe partecipare invece Donald Trump, per riprendersi quel secondo mandato che, dice, i democratici gli hanno negato con l’imbroglio.

Ora, da qui al novembre del 2024 tutto può accadere e accadrà. Tanto per cominciare DeSantis deve vincere le elezioni per essere riconfermato governatore della Florida (si vota nel novembre di quest’anno, alle elezioni di metà mandato). Anche l’eventuale equilibrio con Trump – personale ed elettorale – è tutto da costruire, ma in fondo, quando si tratta di trumpismo, la questione è sempre e soltanto una: la fedeltà. Finché DeSantis è stato il traghettatore del movimento fuori dalla Casa bianca, un alleato ambizioso e leale, Trump lo ha magnificato, dicendo che sarebbe stato un suo compagno di ticket, quindi un vicepresidente, perfetto. Ma ora che l’ex presidente lascia intendere di voler essere lui il prossimo candidato del Partito repubblicano e DeSantis non si fa da parte, Trump se la prende. I suoi consiglieri in realtà cercano di tenere nascosta la polemica, sanno che il governatore può essere utile, ma Trump no, non ci sta. Per lui conta solo la propria affermazione assieme a fedeltà e gratitudine, così a DeSantis dice: come ti ho creato, così ti distruggo.