Saturnalia e sacrifici umani

/ 17.12.2018
di Cesare Poppi

Chi abbia avuto la fortuna di passare qualche tempo nel Foro, a Roma, certo ricorderà le colossali otto colonne dell’antico tempio di Saturno che svettano, austere nella loro grandiosità, fra le rovine abbattute. La statua del dio ospitata all’interno della cella aveva la base fasciata di lana. Questa veniva rimossa in occasione della festa del dio come atto di liberazione e «slegamento» che segnalava l’inizio delle celebrazioni. A partire dal 17 dicembre del 497 AC del calendario giuliano, quando il tempio fu consacrato, fino al trionfo del cristianesimo come religione dominante (e come vedremo oltre) i Saturnalia divennero la festività più importante e partecipata dei romani. Divenne tanto importante da essere progressivamente estesa fino al 23 dicembre, proprio a ridosso del solstizio invernale che, sempre secondo il calendario giuliano, cadeva il 25 dicembre – data che fu poi elevata dall’imperatore Aureliano a Dies Natalis Solis Invicti a sua volta poi «tradotto» dai cristiani nella data di nascita di Cristo Luce del Mondo. Tutto questo per dire, in soldoni, come i Saturnalia inaugurassero un periodo di festività che il corso della Storia storieggiata ha infittito di eventi e di interpretazioni spesso contrastanti.

E dire che Saturno aveva iniziato la sua carriera di dio degli aborigeni laziali – secondo il resoconto dello storico Justinus Frontinus (II sec. a.C.) – nella veste di arcadico, pacifico, barbuto dio della fecondità delle messi. Come tale era rappresentato in epoca arcaica «armato» di un semplice, innocuo falcetto. Di lui la mitologia aveva solo parole di lode: sovrano giusto ed equanime, presiedeva un’umanità felice. Nell’età dell’oro di Saturno non esistevano servi o padroni. La schiavitù era sconosciuta e così pure la proprietà privata. Ecco allora che i Saturnalia volevano essere un’effimera ma effettiva celebrazione di quell’epoca felice. Le celebrazioni pubbliche prevedevano un pubblico convivio nel quale si consumavano carni sacrificali. Scuole e pubblici uffici restavano chiusi ed era proibito dichiarare guerra. Il 18 ed il 19 venivano celebrati con riti privati che vedevano l’elezione di un Re dei Saturnalia nella figura di persone di bassa condizione alle quali era concesso beffeggiare i superiori secondo una logica d’inversione dei ruoli sociali: allora si vedevano i padroni servire a tavola servi e schiavi in un’atmosfera da «mondo capovolto» che ritroveremo nel Carnevale moderno. Allo stesso modo delle moderne celebrazioni natalizie si permettevano giochi d’azzardo e si praticava lo scambio di doni generalizzato – insomma, secondo le parole di Catullo, i Saturnalia erano veramente i giorni più belli dell’anno.

Poi… poi… come spesso succede quando le cose vanno semplicemente troppo bene, la Storia ci mise lo zampino. Si era nel 217 a.C., ai tempi della seconda guerra punica. I Romani soffrirono una pesantissima sconfitta al Lago Trasimeno. Nello sforzo di evitare la catastrofe finale, i Romani decisero di mettere un’antica strategia volta a propiziarsi gli dèi dei nemici offrendo loro un culto ancor più devoto degli avversari. Consultati i Libri Sibillini – che erano peraltro di tale oscura e impenetrabile lettura da risultare così controvertibili e controversi tanto da farne il minor uso possibile – saltò fuori che occorreva propiziarsi il dio cartaginese Baal Hammon assieme alla sua controparte greca Kronos. Ora, Kronos era divinità divoratrice dei propri figli. Proseguendo una tradizione di famiglia (era l’unico sopravvissuto dei figli di Urano, il quale tutti se li era mangiati per evitare di essere da questi spodestato) se li era a sua volta divorati proprio per evitare la fine del padre da lui stesso ucciso. Tutti eccetto Zeus/Giove che lo avrebbe tolto a sua volta dalla scena – ma questo non deve distrarci. E dio cannibale era anche Baal Hammon, al quale i Fenici/Cartaginesi offrivano in sacrificio i primogeniti – o così i social del tempo. Ma lo stesso Saturno aveva un lato del carattere meno rassicurante di quello celebrato nei Saturnalia: come divinità del mondo sotterraneo in quanto dio delle messi e della crescita, era associato a quel Dis Pater signore degli inferi analogo al greco Plutone. Insomma, un complesso gioco di influenze, mutuazioni ed adozioni di costumi rituali stranieri, fecero sì che nel III secolo a.C. fonti peraltro marginali della storia romana suggeriscono che i gladiatori uccisi nei giochi che precedevano i Saturnalia venissero dedicati a Saturno/Baal Hammon/Kronos stesso. Sarebbe stato peraltro Ercole, durante la sua visita in Italia, a suggerire ai Romani che massacrare la gente per far piacere agli dei non era poi una così gran bella trovata. Si ricorse allora alle cosiddette oscilla in forma di maschere che rappresentavano in effigie le vittime sacrificali di un tempo. Ma dell’Ottava Fatica di Ercole non vi è traccia nei sacri testi.