L’Italia è sott’acqua, ma oltre che del maltempo si parla molto di sardine. Così si sono definiti i manifestanti pigiatisi nelle piazze emiliane per dire no a Matteo Salvini. Il riferimento è una tradizione inventata, come molte delle tradizioni italiane. Una cosa che si crede antica ma è in realtà recente. Secondo questa leggenda, sul «crescentone» – vale a dire l’enorme marciapiede rialzato al centro di piazza Maggiore a Bologna, che nella fantasia degli emiliani assomiglia un po’ a una crescenza, cioè a una focaccia molto lievitata – possono stare in piedi sei-sette mila persone, stipate appunto come sardine. Da qui l’immaginifico nome del movimento.
A me pare che sulle sardine si sia fatta fin troppa enfasi. Certo, sono un fenomeno interessante. In particolare colpisce che i manifestanti si siano mobilitati non grazie al Pd, ma nonostante il Pd. L’appello è nato dalla rete e da pochi ragazzi sconosciuti; se fosse venuto da Stefano Bonaccini – il presidente dell’Emilia Romagna – o da Nicola Zingaretti – il segretario del partito –, non avrebbe avuto lo stesso effetto. Le foto di piazza Maggiore strapiena e dell’abside dello splendido duomo di Modena circondato dagli ombrelli sono suggestive, la mobilitazione anti-Salvini non era scontata; però insomma la scoperta che a Bologna e a Modena esiste ancora qualcuno di sinistra non mi pare sconvolgente.
Manifestare contro qualcuno è senz’altro legittimo. Se lo si fa in forma violenta, è controproducente: serve a presentare il politico contestato come vittima di un’ingiustizia, e quindi a rafforzarlo. Se lo si fa in forma pacifica, può contribuire a risvegliare le coscienze. Qualcuno ha evocato i girotondi. Che però nascevano, prima ancora che contro Berlusconi, contro gli allora capi del centrosinistra. «Con questi leader non vinceremo mai!» fu il grido con cui Nanni Moretti aprì quella stagione (in piazza Navona, non esattamente una fabbrica occupata). Alla fine però Nanni Moretti tentò di sostituire i leader in carica – Fassino, Rutelli, D’Alema – con quello scelto da lui: Sergio Cofferati. Ci fu una vera e propria cerimonia di incoronazione, al palazzetto dello sport di Firenze. Poi Cofferati scelse un’altra strada e si candidò sindaco di Bologna. Dei girotondi si persero le tracce. Vediamo ora cosa sarà delle sardine.
La partita che si gioca in Emilia-Romagna è davvero molto importante. Se lo scontro sarà vissuto in chiave locale, vincerà il centrosinistra; se prevarrà la lettura nazionale, vincerà il centrodestra. Per essere più chiari: se il match è tra Bonaccini e Lucia Borgonzoni, la candidata leghista, il governatore uscente non dovrebbe avere problemi. Ma se l’elezione del presidente emiliano-romagnolo diventa un referendum su Salvini, allora la Lega può farcela: perché il governo non ingrana, e in questo momento Salvini ha il vento in poppa. I Cinque Stelle con una mossa suicida hanno deciso di presentare un loro candidato, a meno di ripensamenti sempre possibili. Andranno incontro a un risultato modesto. Paradossalmente faranno meno danni a Bonaccini se imposteranno una campagna critica nei suoi confronti: in questo modo potranno rosicchiare un po’ di consensi alla Lega, cioè all’opposizione. Se invece si presenteranno come quinta colonna del presidente di centrosinistra, potrebbero portare via qualche voto a lui.
In ogni caso, l’Emilia-Romagna non è l’Umbria, dove l’accordo tra Pd e grillini non è servito a nulla perché la situazione era già molto compromessa, anche a causa degli scandali. In Emilia e in Romagna la crisi si è sentita, ma il sistema ancora regge. Anche per questo la partita è apertissima.
In caso di vittoria della Lega, il governo potrebbe sopravvivere? Forse il Pd avrebbe interesse a far saltare il banco. Ma Zingaretti difficilmente sopravvivrebbe a una vittoria nazionale a valanga di Salvini. È possibile quindi che la maggioranza che sostiene l’esecutivo si stringa a coorte. Pur di non andare al voto anticipato.