La buona notizia è che il nostro cervello è così complesso che nulla di uguale potrà mai essere prodotto artificialmente. L’altra buona notizia è che se l’intelligenza artificiale ve la racconta George Rzevski finirà per piacervi. D’altronde è vero che la materia da sola non conta, per piacere ed essere compresa davvero non c’è niente di meglio che un buon professore capace di interessare i suoi studenti anche agli argomenti più complessi e meno amati. Se poi, umanamente, si instaura una certa affinità, imparare non solo diventa una passione ma un processo spontaneo che provoca un sottile senso di piacere misto a leggerezza grazie alla consapevolezza di aver compreso qualcosa di nuovo, qualcosa che un attimo prima era pura nebulosa. Insomma, non vi nascondo che ascoltando le parole di George Rzevski, professore emerito di Design and Complexity alla Open University di Londra, non ho potuto fare a meno di lasciarmi conquistare e pensare «Wow, che figata l’intelligenza artificiale!» dimenticando per un attimo le migliaia di posti di lavoro che scompariranno nel prossimo futuro e le rivoluzioni sociali che vivremo. E, devo dirvi, che al di là della competenza e della profonda conoscenza della materia ad affascinarmi è stata la genuina passione e la fiducia di quest’uomo nelle potenzialità dell’intelligenza artificiale all’alba dei suoi 86 anni. Avete capito bene, non è stato un giovane nativo digitale, un professore fresco di laurea uscito dall’Università di Utrecht o dall’Università Politecnica della Catalogna ad appassionarmi in nemmeno due ore al mondo dell’IA. Il merito è di un instancabile ricercatore che a 86 anni non ha la minima intenzione di smettere di essere curioso e di fare ciò che più gli piace. Tra l’altro, e qui per me c’è il grande valore aggiunto, George Rzevski non è soltanto un accademico ma anche un imprenditore e un consulente per importanti aziende a livello mondiale e questo gli permette di offrire una visione che esula dai massimi sistemi e dai costrutti teorici e si china su questioni molto specifiche e concrete.
Cosa ho imparato? L’IA ci riguarda tutti, sia nel privato sia nel professionale, non illudetevi di potervi chiudere in una conchiglia, i cambiamenti che porterà riguarderanno anche voi. Ad ascoltare il professore di origini russe c’era un nutrito gruppo di persone di età – dai 22 fino ai 60 anni – e ambiti professionali diversi. L’IA non arriverà mai ad essere una macchina efficiente e completa come e quanto il cervello umano. Ma, è inevitabile che sempre di più entrerà a far parte delle nostre vite e di quello che a ritmi vertiginosi sta diventando un villaggio globale digitale e complesso. Nello specifico l’IA può aiutarci a gestire meglio questa complessità digitale a due livelli: un primo deterministico e chiuso nel quale delle reti neurali artificiali risolvono problemi operazionali sulla base di algoritmi e di un apprendimento automatico in situazioni e condizioni predicibili; un secondo livello che lavora con sistemi complessi adattivi che operano in condizioni non predicibili e incerte. In questo ambito un sistema di multi agenti software, attraverso un metodo di apprendimento di tipo ontologico, si evolve e si adatta alle diverse situazioni riprogrammandosi a seconda delle esigenze e del contesto. Se ad esempio chiediamo ad un IA del primo tipo: dove è George? Per rispondere passerà al setaccio tutti i nomi contenuti nel suo database andando per esclusione finché incontra George. Nel secondo, chiederà ai suoi agenti: sapete se qui c’è un George?
Prepariamoci, il XXI secolo sarà sempre più tecnologico, connesso (oggi il 55% della popolazione mondiale è connesso e il numero dei cellulari per persona supera quello degli spazzolini), complesso e, soprattutto, incerto. Dovremo essere in grado di evolvere, adattarci e riprogrammarci velocemente. Una delle parole chiave di George Rzevski è coevolvere in un ambiente sociale, professionale e digitale nel quale l’IA è al servizio dell’uomo e nel quale non ci sarà un posto per tutti in egual misura. Non spaventatevi, già Ilya Prigogine, padre della teoria della complessità, nel secolo scorso disse «Il futuro non è predeterminato».
Grazie al professore russo per avermi contagiato con la sua sete di conoscenza e voglia di vivere e all’Executive Forum – per chi è interessato ce ne saranno altri – organizzato al LAC da JuPantaRhei (www.jupantarhei.com) per aver ampliato i miei orizzonti in un campo cruciale nel prossimo futuro.