Sacripanti e camionisti

/ 19.04.2021
di Paolo Di Stefano

Chi dice: «Dobbiamo riaprire i ristoranti ma in sicurezza». E le scuole? «Riaprire le scuole, purché in sicurezza». Chi dice: «Si prenda atto dei dati scientifici». Chi dice: «Vogliamo salvare vite e imprese». Chi dice: «Si lavori per mettere in sicurezza le scuole». Chi dice: «Servono certezze sulle riaperture». Chi dice: «Siamo di fronte a una crisi sanitaria ma anche economica». Chi dice: «Siamo di fronte a una crisi economica ma anche sanitaria». Chi dice: «Siamo di fronte a una crisi». Chi dice: «Siamo». Applausi a scena aperta (voto d’aria: 1 collettivo)! Banalità incise nel marmo. Bisogna essere dei politici per dire tante ovvietà? Sì, bisogna essere dei politici, che ogni giorno, ogni momento, vogliono fare la loro comparsata al telegiornale per dire non importa cosa, perché l’importante è non perdere l’occasione per fare cucù nelle case dei concittadini e potenziali elettori: con una frasetta, con un imperativo, con un auspicio, con un invito, con un richiamo, dipende dall’umore, dal tempo meteorologico, dall’aria che tira o non tira.

Standing ovation di fronte alla sequela di straordinarie ovvietà (1) che i politici scandiscono con la sicumera dei retori antichi e che vengono puntualmente riprese dai giornali del giorno dopo con interminabili interviste. Banalità che risaltano ancora di più in una fase in cui il cittadino comune si aspetterebbe decisioni importanti e (magari) definitive. Quando si attenua la voglia di dire sciocchezze urlate a caso tanto per alzare il tono del dibattito fingendosi scienziati, medici, economisti, magistrati eccetera senza essere nulla di tutto ciò, nel discorso pubblico trionfa la tautologia infantile o la «sacripanza» o «sacripantìa». È una straordinaria parola, «sacripanza», che deriva da Sacripante: nei poemi cavallereschi di Boiardo e di Ariosto, Sacripante è il re dei Circassi che ama Angelica ma non è ricambiato, e col tempo diventa sinonimo di gradasso, smargiasso, spaccone, spavaldo, tutti aggettivi desueti e bellissimi per designare una personalità sgradevole, petulante, fastidiosa. Naturalmente per trovare l’incarnazione attuale del Sacripante e dunque la «sacripanza», c’è solo l’imbarazzo della scelta: basta guardarsi intorno o aguzzare l’udito in un contesto in cui l’importante è farsi vedere o sentire.

Perché l’importante è esserci. Stare zitti (se non si ha nulla di indispensabile da dire), mai. In compenso, nel chiasso assordante dei sacripanti, c’è chiarezza cristallina e rassicurante sul funzionamento e sugli effetti dei vaccini. AstraZeneca è efficace su soggetti sotto i 60 anni, anzi no, funziona bene solo sopra i 61, ma tra i 60 e i 61 il tuo vaccino è Sputnik se sei donna, Moderna se sei maschio, Astra va molto male sotto i 20, dove va benissimo Zeneca, anzi no, Zeneca va benissimo sopra i 90 ma sopra i 105 è meglio Astra. Però tra i 101 e i 102 meglio Pfizer e Moderna insieme.

Due tranches è meglio che one, ma one è meglio che zero. Zero non è meglio che AstraZeneca. AstraZeneca è meglio di Johnson & Johnson, che è meglio di Sputnik & Sputnik, che è meglio del cinese… Però il mix di cinese e AstraZeneca è meglio di Sputnik dopo i 60 anni, mentre prima dei 59 e 11 mesi e 6 giorni è meglio Sputnik. Se vivi in riva al lago, AstraZeneca va meglio di Pfizer & Pfizer, che però è consigliabile se abiti in alta montagna e ti copri bene con cappuccio e guanti. Se stai partendo per Marte può funzionare anche Sputnik, mentre Moderna è adatto ai barbieri ma non ai ballerini e ai docenti universitari. Chiaro? Chiarissimo.

È chiarissimo come seguire una lezione in DAD, cioè a distanza. «La scuola si fa a scuola!» ha urlato qualche giorno fa un sacripante di passaggio in un tg della notte. Applausi (2–), con un’obiezione banalissima: già, ma se non si può? È pronta la didattica a distanza. Quanta gente ha dormito davanti al computer durante una lezione di latino o di matematica? Popoli di dormiglioni con le teste sul tavolo.

Una ragazza di liceo classico mi ha confessato, la settimana scorsa, che non ha mai dormito tanto quanto nelle mattine di scuola durante il lockdown. A letto e in pigiama, fingendo di seguire le lezioni, con il portatile acceso sul comodino e la testa sul cuscino, anche per sei ore di seguito, saltando persino la ricreazione: «Ho scoperto quanto mi piace dormire» (5½). Un altro studente mi raccontava che durante le lezioni ha fatto molta ginnastica e molte flessioni, altri saltavano la corda, altri palleggiavano coi piedi o si esercitavano a basket.

Un altro, meno fortunato ma comunque felice, era costretto a seguire suo padre sul camion per andare a lavorare da Napoli nei cantieri del Nord: «E per le interrogazioni ci si fermava in autogrill» (6). I sacripanti non possono neanche immaginarlo e ripeteranno: «Al primo posto la scuola, purché in sicurezza» (1). Rispettando i limiti di velocità e i divieti di sorpasso per gli autotreni con rimorchio.