Sacri misteri e utilità dei sondaggi

/ 21.02.2022
di Bruno Gambarotta

Sarò sincera, ogni volta che vedo comparire all’orizzonte un sondaggio mi propongo di saltarlo, ma poi la tentazione di andare a vedere fino a che punto di scemenza sono arrivati è troppo potente. E pensare che la mia forza di volontà è proverbiale fra i miei amici. Sono capace di girare tutta Torino per cercare un paio di sandali che ho notato nel film di un regista iraniano esule in Patagonia. Ma per i sondaggi è più forte di me.

Lo sapevate che il 28% degli uomini che si trovano soli alla guida di un’auto, quando sono fermi al semaforo, per ingannare il tempo si dedicano a ricerche petrolifere dentro le cavità nasali usando il dito indice come sonda e depositando il prezioso materiale estratto sotto il cruscotto dopo averlo attentamente esaminato? Percentuale che nel caso di noi donne scende al 14%? Come avranno fatto a determinare queste percentuali? Non penso l’abbiano fatto ricorrendo ai soliti questionari, tipo: «Lei, quando è al volante da solo si scaccola ai semafori?».

Ancor più mi intriga conoscere il metodo di rilevamento di quest’altro sondaggio da cui risulta che il 67% degli uomini, al mattino, nei primi cinque minuti da che si sono levati dal letto, si dà una veloce ma voluttuosa grattata a una chiappa. Nell’universo dei grattugianti il 78% preferisce la chiappa sinistra e solo il 22% quella destra. La notevole discrepanza fra destra e sinistra ha una sua spiegazione perché il 92% degli uomini mentre si grattano fanno anche qualcos’altro, in pratica il 73% sorbisce il primo caffè della giornata e il 17% fuma la prima sigaretta. Essendo il 17% della popolazione maschile composta da mancini il conto torna.

Come avranno fatto a rilevare questi dati? Piazzando un incarico nelle camere da letto dei soggetti scelti a fare da campione? Usando come informatrici le compagne dei suddetti? E quelli che vivono, e soprattutto dormono, soli? A loro chi ci pensa? Sono i sacri misteri dei sondaggisti. Il sondaggio che ha maggiormente attirato la mia attenzione ci rivela che il 20% dei maschi italiani si eccita nei musei. E che, se solo disponesse di un minimo di comodità, gradirebbe staccare sul luogo la cedola dell’eccitazione per evitare che, una volta usciti dal museo, l’effetto svapori.

Per il ministero della Cultura, sempre alla ricerca di fondi per finanziare le mostre, si aprono interessanti prospettive. In fondo per i musei si tratterebbe solo di affiancare agli spazi espostivi delle camere a ore. Con un minimo di avvedutezza, naturalmente: eviterei di utilizzare il Museo Egizio di Torino. Il professor Massimo Cicogna, che ha promosso il sondaggio, ha chiamato questo fenomeno «sindrome di Rubens», in analogia con la «sindrome di Stendhal» che colpisce i turisti sopraffatti dall’eccesso di bellezza dei luoghi che stanno visitando. Rubens, come tutti sanno, predilige nei suoi quadri donne maestose, lardellate, cosce come tronchi e glutei vasti come latifondi. Risulta che l’artista non abbia mai tratto ispirazione da una sfilata di moda. Sempre secondo il professor Cicogna, i musei più eccitanti sono quelli piccoli e in cima all’hit parade dei musei galeotti c’è il palazzo del principe Doria a Genova.

A Torino svetta in questa speciale classifica la Galleria d’Arte Moderna. Non tanto credo per le pecore di Fontanesi quanto per i nudi di Grosso. Per quanto anche le pecore hanno i loro estimatori. Il mio interesse nasce dal fatto che sono fidanzata da quindici anni con uno che è tanto un bravo ragazzo ma da quel lato lì, della sindrome di Rubens, mi fa sempre venire in mente le due specialità di Cherasco, la pace e le lumache.

Così gli ho chiesto di accompagnarmi a visitare il Museo d’Arte Contemporanea al castello di Rivoli. Non c’ero mai stata e, visitandolo, m’è venuto il dubbio che forse quello non era il museo giusto. C’erano tende, massi di pietra sistemati sul pavimento a fare un cerchio (magico? Chissà). Blocchi di fango spiccicati contro la parete, due sedie accostate con un bastone appoggiato allo schienale di una delle due, due tronchi d’albero scarnificati, una gabbia appesa al soffitto, piena di pezzi di polistirolo, una sala piena di badili appoggiati alle pareti e dipinti con stemmi nobiliari.

Il mio fidanzato è entusiasta, vuole ritornarci tutte le domeniche, sostiene che quelle opere d’arte e quelle installazioni lo fanno sentire in sintonia con i tempi moderni, lo mettono in pace con sé stesso. Lui appartiene all’80% dei maschi che non si eccitano nei musei e che, non dimentichiamolo, sono pur sempre la maggioranza.