Rumori e ansie nella notte

/ 13.07.2020
di Bruno Gambarotta

Dalle lettere a un’amica. Carissima, ti risulta forse che qualcuno abbia mai studiato la sbalorditiva sensibilità dell’udito di un nonno apprensivo? Come sai, il lato interno del nostro condominio si affaccia su un’area chiusa da altri tre palazzi di otto piani. Il cortile è riempito da 48 garage fra cui il mio; 48 garage e 48 saracinesche tutte uguali che vengono sollevate e abbassate a tutte le ore del giorno e della notte. Io sono in grado, con il solo ausilio dell’udito, di riconoscere il rumore della nostra saracinesca quando ad alzarla e ad abbassarla è mio nipote che come sai, vivendo con me da quando è nato, è più di un figlio.

L’altra sera la pioggia veniva giù a secchiate e lui mi ha chiesto le chiavi dell’auto per andare da un suo compagno a prendere in prestito delle dispense senza le quali non avrebbe potuto continuare a studiare. Ci hai mai fatto caso? «Dispensa» è la parola magica, l’apriti sesamo dei figli per farsi dare le chiavi dell’auto senza discutere. Se te le chiedono per fare un salto in birreria, è uno scherzo da ragazzi negargliele, ma per le dispense come si fa? Prima di chiedertele aspettano che tu ti sia messo il pigiama, così non puoi più dire: «Mi dispiace, te le darei volentieri, ma l’auto serve a me, stavo per uscire».

Per la verità l’altra sera ho tentato qualche mossa in difesa, sia pure maldestra. «L’ho appena fatta lavare, se la tiri fuori dal garage si sporca», gli ho detto. «Preferiresti che mi bagnassi io, che mi prendessi una doppia polmonite, e poi diventassi tubercolotico e che tu mi dovessi mantenere per tutta la vita in un sanatorio di Zermatt?» Mi sta bene, un’altra volta imparo a fargli leggere La montagna incantata di Thomas Mann. Mentendo come una carogna mi sono lanciato in un elogio dell’efficienza dei mezzi pubblici della città di Torino. «L’amico che mi presta le dispense sta dall’altra parte della città».

Hai notato? Il compagno che possiede le preziose dispense ed è disposto a prestarle a tuo figlio abita sempre dall’altra parte della città. Quando siamo fortunati, altrimenti abita in un paese della cintura. Così ho finito per dargli la chiavi dell’auto con le solite mille raccomandazioni e mi sono messo a letto a leggere, come faccio tutte le sere che trascorro in casa. Per quanto sia avvincente quello che sto leggendo, il mio orecchio è sempre proteso al di là della finestra ad ascoltare il concerto di saracinesche alzate ed abbassate. Quand’ecco che 13 minuti dopo la mezzanotte ho percepito la musica di quella del nostro garage che veniva alzata con piglio deciso da mio nipote.

Bene, anche questa volta era tornato sano e salvo, potevo rilassarmi, chiudere il libro, spegnere la luce e dormire. Fra pochi secondi avrei udito il consueto rumore del motore imballato prima di spegnerlo, il classico sbattere della portiera e la saracinesca che veniva abbassata, un suono diverso da quello dell’innalzamento. Invece niente. Quella sera al sollevamento non facevano seguito i cari rassicuranti rumori consueti. Cosa sarai mai successo? Mi sono chiesto.

Avrà avuto un incidente, avrà fracassato la macchina, beh, mi sono consolato, almeno lui non s’è fatto niente, visto che è riuscito ad aprire il garage. Ma cos’è venuto a fare in garage? Sarà venuto a prendere le corde elastiche per chiudere in qualche modo le portiere e il cofano rimasti spalancati dopo l’urto frontale. Avrà funzionato l’airbag? Come mai non ho sentito il botto? Come si comporta in questi casi uno che vuole dare l’immagine di un nonno saggio? Come mio solito, non sapevo cosa fare: ho pensato di alzarmi, rivestirmi e scendere giù a vedere cosa era successo.

Poi mi ha trattenuto il timore di passare per un nonno un filino apprensivo. Dopo venti minuti ho captato il rumore delle saracinesca che veniva abbassata senza che prima l’auto venisse ricoverata nel garage. Va be’ che mio nipote si era salvato, ma la macchina aveva solo due anni di vita. Adesso eccola lì, un rottame informe trainato dal carro attrezzi verso il demolitore. Quest’auto sarà l’ultima, se mio nipote si aspetta che ne compri un’altra sta fresco, d’ora in avanti in tram o in bicicletta e il taxi solo per andare in ospedale. E quando mio nipote torna a casa come mi devo comportare? Lo inchiodo alle sue responsabilità? Oppure faccio il compagnone, gli vado incontro e gli batto una mano sulla spalla consolandolo, l’importante è salvare la pellaccia? Oppure aspetto che sia lui a parlarmene, forse è la soluzione migliore, so già come inizierà: «Senti qua, c’era un pazzo, ubriaco e strafatto, che andava contromano ai 150: tu cosa avresti fatto al mio posto?».

Mentre m’interrogavo sui possibili scenari, ho sentito la saracinesca del garage che veniva sollevata, seguita dalla famigliare sequenza di rumori e poco dopo mio nipote che rientrava a casa. «Come mai», gli ho chiesto, con aria innocente, «hai aperto due volte il garage?» «Ho mostrato la moto a un mio amico. Perché vuoi saperlo, eri preoccupato?» «Io preoccupato? E quando mai?»