Romer, Nordhaus e la crescita economica secolare

/ 15.10.2018
di Angelo Rossi

Il premio Nobel dell’economia è stato assegnato quest’anno a due economisti nordamericani: i loro nomi sono, in ordine di età, William Nordhaus e Paul Romer. Nei commenti che si sono potuti leggere, nei giorni seguenti alla nomina, i due economisti sono stati descritti come se fossero dei veri e propri ecologisti. Di fatto si tratta invece di due rappresentanti della scuola neoclassica che di ecologia non è che si occupi molto. Hanno avuto però ambedue il merito di impostare le loro ricerche su aspetti e problemi dello sviluppo economico di lungo termine. E questa scelta li ha portati a formulare modelli di crescita che vanno ben oltre i problemi di cui si occupa di solito la teoria tradizionale.

Cominciamo da Paul Romer che è conosciuto come uno dei padri del modello di crescita endogena (l’altro è Robert E. Lucas, che è stato anche lui, a suo tempo, premio Nobel). Nel suo modello Romer considera lo stock di sapere come uno dei determinanti più importanti della crescita economica. Questo aggregato di conoscenze genera delle esternalità (ossia degli effetti non regolati dal mercato) che per Romer sono un bene pubblico, a disposizione, quindi, di tutte le imprese di un determinato sistema economico, indipendentemente dal fatto se abbiano partecipato, o meno, alla formazione dello stock in questione. Il sapere va dunque ad aggiungersi – come componente non privatizzabile – allo stock di capitale fisso, che è invece, per una buona parte almeno, di proprietà privata.

L’esistenza di questo stock di conoscenze determina economie di scala e fa sì che il sistema possa crescere con rendimenti crescenti. Presentato in questi termini il modello di Romer non impressionerà di certo i lettori di questo articolo. Va quindi spiegato che uno dei problemi aperti della teoria della crescita economica era per l’appunto quello dei rendimenti crescenti. Come mai certe economie conoscono un processo di crescita economica secolare quando la teoria economica afferma che l’aumento della produzione non si può fare che con rendimenti decrescenti?. L’ipotesi di Romer sull’accumulazione del sapere e sulla sua natura di bene pubblico potrebbe spiegare perché la crescita economica in certi paesi e in certe regioni è secolare. Il grande merito del suo modello è di dimostrare che grazie all’accumulazione del sapere, l’economia conoscerà, anche nel lungo termine, un tasso positivo di aumento della produttività e quindi anche un aumento continuo del reddito pro-capite. Se volete, il modello di Romer è, né più né meno, la scala per il paradiso.

Anche William Nordhaus ha messo a punto un modello sulla crescita di lungo termine. Il suo scopo è però quello di valutare gli impatti della medesima sul cambiamento climatico. Molto citato è soprattutto il suo articolo del 1982, nella rivista americana di economia. La crescita economica fa aumentare il consumo di petrolio e quindi la quantità di diossido di carbonio rilasciata nell’atmosfera.

Di conseguenza bisogna prevedere, nel lungo termine (ricordo che l’articolo fu pubblicato nel 1982), un riscaldamento significativo dell’atmosfera. Come dobbiamo reagire a questa minaccia? Nordhaus propone di applicare l’analisi costi e benefici per valutare la portata della stessa. Con il suo modello di crescita calcola la velocità con la quale il diossido di carbonio si accumula nell’atmosfera e indica quali potrebbero essere le strategie per conseguire un processo di crescita ottimale.

Una strategia per la sopravvivenza, se volete. La preoccupazione di gestire i processi di inquinamento in modo da ottimizzare i risultati della crescita economica, rispetto alla minaccia del cambiamento climatico, ha portato Nordhaus a occuparsi da vicino di tutti i problemi legati alla tassazione delle attività di produzione e di consumo inquinanti. Il suo approccio a questi problemi, lo ripetiamo ancora, in conclusione di questo commento, è ottimista. Nordhaus è infatti convinto che si possano trovare soluzioni razionali al conflitto tra la crescita economica e la minaccia del cambiamento climatico.