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Ritrovare la fiducia nell’oggi

/ 08.03.2021
di Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia,
alla soglia dei 70 anni mi sento persa e inutile. Ho insegnato una vita e ora senza lavoro non ho più scopo. Pur avendo un marito e una figlia ben sposata sono terrorizzata dal futuro, ho paura di perdere i miei cari, vivo in uno stato di perenne angoscia. Non ho però paura di morire. Alla sera quando vado a letto prego per non svegliarmi più. Non ho più stimoli, desideri ma paura di tutto. È normale? Forse è colpa della pandemia? Aiutami, ti prego, con le tue sagge parole. Con affetto.
/ Gabriella

Cara Gabriella,
la vita narrata, quella cui affidiamo la nostra identità, a ogni svolta ci pone di fronte una pagina bianca esortandoci a scrivere un nuovo capitolo della nostra storia.

Non è mai facile ricominciare, tanto meno quando non si è più giovani e molte possibilità sono ormai scadute. Tuttavia non si tratta di una disgrazia ma di una sfida, e come tale bisogna affrontarla. Com’è possibile che ti senta una persona «persa e inutile» quando hai esercitato per quarant’anni una delle professioni più importanti del mondo? Pensa quanti, ragazze e ragazzi, hai aiutato a crescere, a scoprire le loro risorse, a diventare se stessi. Il passato è un patrimonio che non scompare perché fa di noi quelli che siamo e, nel tuo caso, una bella persona.

L’insegnamento, lo riconosco, impegna tanto ma offre anche una ragione per vivere. Potresti proseguirlo, come molte mie amiche, offrendo una quota del tuo tempo a corsi di recupero per gli alunni più svantaggiati o per gli immigrati, soprattutto donne, che ancora non parlano bene l’italiano.

Certo, di questi tempi, il futuro non ci sorride ma da qui a essere «terrorizzati» ce ne vuole!

Il Covid-19 è un nemico subdolo e dilagante ma, a differenza delle pandemie storiche, siamo in grado di contrastarlo con una serie di vaccini prodotti in tempi record. Dinanzi alla generosità di medici e infermieri, che rischiano la vita pur di salvare i loro pazienti, non possiamo considerarci «disperati». La gratitudine che dobbiamo provare nei loro confronti è il miglior antidoto contro la paura. La capacità di dire «grazie» esercita una funzione positiva non solo nell’individuo ma nell’intera comunità.

Ricordati che fai parte delle persone che «hanno la fortuna di invecchiare» avendo accanto a te, per giunta, quelli che ami. Sei stata colpita da una sindrome depressiva, è vero, ma se ti rivolgi a un medico competente, saprà curarti nel modo migliore. Tuttavia i farmaci da soli non bastano senza un lavoro interiore. Sta a te recuperare stabilmente l’equilibrio turbato, la capacità di amare e la voglia di vivere.

Probabilmente in questo momento la tua mente è dominata da un’istanza morale troppo esigente. Il Super-io, erede delle pretese dei genitori, ti colpevolizza per essere inattiva, per non dare alla società il contributo precedente, per non saper amare. Ma prima di amare gli altri dobbiamo amare noi stessi, appagare un amor proprio che non è narcisismo ma senso di appropriatezza e fiducia nelle nostre capacità. È giunto il momento, dopo un’esistenza dedicata agli altri, di volerti bene, di riconoscere i tuoi meriti, di gratificarti realizzando qualche desiderio accantonato. Invece continua a perseguitarti la possibile morte dei tuoi cari. Una minaccia che incombe sulla nostra vita sin dall’infanzia, ma che l’emergenza ha acutizzato. La paura è diventata la passione prevalente.

La stanchezza indotta dal protrarsi della pandemia e le contraddittore prescrizioni del lockdown hanno messo a nudo tutte le nostre fragilità. Ma sentirsi vulnerabili può costituire un’opportunità per infrangere la corazza dell’individualismo e incrementare l’empatia, il sentimento che induce a prendersi cura degli altri, ad essere uniti e solidali.

Anch’io, dopo la morte di mio marito, ho provato un senso di precarietà e di solitudine, ma ho trovato nei figli, negli amici e nei conoscenti una disponibilità inaspettata. Bastano piccoli gesti per confortarci, come quello di questa mattina quando la mia vicina di casa mi ha portato due viole appena colte, incollate su un bigliettino con queste parole: appena sbocciate…

Quel piccolo dono ha acceso la fiducia nell’oggi e la speranza nel domani come solo la Primavera sa fare.
Credo, cara Gabriella, che tu possieda un patrimonio di sensibilità, di cultura e di affetti che ti permetteranno di uscire dal cono d’ombra che t’opprime.

Apri la mente e il cuore allo scambio reciproco, a quel dare e ricevere che non garantisce ma propizia la felicità.