La prima volta che Rustem Umerov, neoministro della Difesa ucraino, ha varcato la scena internazionale è stata appena dopo l’invasione della Russia in Ucraina, in quelle settimane concitate in cui il blitz dei tre giorni di Vladimir Putin è fallito, s’è scoperto che la difesa di Kiev era ben più resistente rispetto alle aspettative, ma ancora si sperava che il conflitto non dovesse prolungarsi a lungo. Umerov, ex imprenditore tataro poco più che quarantenne eletto in Parlamento nel 2019 con il partito riformista Holos, era nella delegazione ucraina che incontrò i russi in Bielorussia per il primo e quasi l’ultimo negoziato diretto tra i due Paesi. Non ci fu alcun risultato, Umerov non si sentì bene, qualcuno sospettò un avvelenamento, la storia finì lì. Da allora il ministro della Difesa, che lascia la guida dell’Agenzia delle privatizzazioni, ha lavorato ad altre trattative più fruttuose (e semisegrete): lo scambio dei prigionieri. L’unico tavolo di discussione con qualche risultato è stato questo. Sono stati scambiati molti prigionieri, è vitale per il Governo ucraino riuscire a portare a casa i propri soldati perché il trattamento nelle prigioni russe è disumano e perché ogni liberazione fa bene al morale. L’ultima all’inizio dell’estate, gestita proprio da Umerov, ha avuto un guizzo in più: sono tornati in Ucraina i comandanti del Battaglione Azov che avevano guidato la resistenza di Mariupol nell’acciaieria, cosa che non è piaciuta al Cremlino che aveva acconsentito allo scambio a patto che questi combattenti restassero in Turchia. Questi, tornati in patria, hanno cominciato arruolamento e piani per tornare al fronte.
Chi conosce Umerov, soprattutto membri della comunità tatara che è molto attiva in Ucraina perché vede ripetersi in Crimea la propria storia atroce di oppressione, dice che è un uomo carismatico e dialogante, efficace e rassicurante. Sembra perfetto per il ruolo che Volodymyr Zelensky gli ha chiesto di ricoprire, il ministero più strategico in tempi di guerra. Non c’è soltanto la gestione del fronte, ma anche quella delle forniture e ancor più del rapporto con gli alleati. La sostituzione di Oleksij Reznikov, amato dai partner occidentali, a causa di uno scandalo di corruzione (che non coinvolge il ministro ma il ministero e che però Reznikov ha gestito male) sembrava un brutto colpo al Governo di Kiev, per di più in un momento in cui si ammonticchiano insofferenze per la controffensiva lenta. Umerov sembra una risposta promettente e i tentativi di screditarlo con video di dubbia veridicità e speculazioni sulla sua ricchezza da imprenditore delle telecomunicazioni – un oligarca? – indicano che forse è davvero la persona giusta. Di certo, dal punto di vista strategico e culturale, la scelta di Zelensky è rivoluzionaria. Umerov è nato in Uzbekistan, figlio di una delle famiglie tatare che il regime sovietico ha deportato dalla Crimea in Asia centrale; è rientrato negli anni Novanta ed è diventato imprenditore e attivista per i diritti della comunità tatara.
Nell’ufficio a Kiev della Crimea Platform, l’iniziativa voluta dalla presidenza ucraina per lavorare al reintegro della penisola occupata e annessa dai russi nel 2014, ci sono libri e documenti che raccontano com’è la vita sotto l’occupazione e come i tatari cercano di sopravvivere all’oppressione russa. Un esempio: il tasso di mobilitazione in Crimea rispetto alla popolazione totale è più elevato che nel resto della Russia, perché c’è un’evidente e perversa volontà di Mosca di arruolare ucraini per mandarli a combattere contro altri ucraini. La comunità tatara, che prima rappresentava l’80% della popolazione della penisola, e ora è meno della metà; resta però molto attiva, indomita quasi e organizza la propria dissidenza pur in mezzo a pericoli enormi – sparizioni, torture, processi sommari – mostrando la propria volontà di tornare sotto il Governo di Kiev e aiutando la riconquista. La Crimea Platform è nata proprio per gestire questa dissidenza prima dell’invasione su larga scala della Russia ma anche per organizzare il reintegro, la ricostruzione amministrativa-istituzionale della penisola. La nomina di Umerov porta con sé la volontà della liberazione della Crimea dall’occupazione russa oltre a essere un esempio della natura multiculturale dell’identità ucraina. «Non c’è scritto tataro sul passaporto ucraino», dicono alla Crimea Platform. È Putin a essere ossessionato dalle etnie. In Ucraina si vive da secoli in una logica di mescolanza, è anche in opposizione a quest’idea che Mosca l’ha attaccata.