Mancano sei giorni alla sfida della svolta. Lugano o San Gallo? San Gallo o Lugano? Chi conquisterà la Coppa Svizzera e di conseguenza l’accesso alla Conference League? Per i bianconeri si tratta di un appuntamento da non perdere.
Quest’anno la vittoria conta il triplo, con il nuovo Polo sportivo in viaggio, con un nuovo assetto societario che solletica il palato, e soprattutto con il sottile filo che lega la squadra al suo pubblico, legame che va irrobustito. Tre settimane fa, in occasione della semifinale di Cornaredo, si registrò il «tutto esaurito»: 6390 spettatori, tanti quanti ne consentono le attuali norme di sicurezza. Griglie attive, spine attivissime, hamburger e panini a vagoni. Sorrisi, pacche sulle spalle, auspici, speranze. C’era un clima che non si respirava da tempo.
La società si era attivata per animare la scenografia iniziale. Lo speaker, all’americana, ci aveva messo del suo per arringare il popolo bianconero. Una festa. La curva ospite ha cantato dal primo al 120esimo minuto. Che voci! A decibel hanno vinto il match nei confronti degli ultras di casa, generosissimi, attivissimi, instancabili, ma in minoranza. Poi però, quando dopo un primo tempo tutto luganese, il Lucerna, all’inizio della ripresa, pareva in grado di addomesticare la partita, ecco che si sono risvegliate le due tribune, soprattutto la Monte Brè: «Bianconeri allez», «Lu ga no Lu ga no».
Lo ha detto anche Mattia Croci-Torti, il Mister, «Ul Crus». Abbiamo fatto una gran partita, folle, ma loro ci hanno regalato certezza quando cominciavamo a dubitare. Poi, è vero, lo sport è fatto anche di episodi e di casualità. Se, se, se, ma, ma, ma… Se a inizio stagione, la nuova società, una volta liquidato Abel Braga, non avesse assegnato la panchina a Croci-Torti, affiancato da Cao Ortelli, il Lugano sarebbe salito sul pullman per Berna?
La scelta, che poteva sembrare un ripiego, un timido interinato, si sta rivelando la mossa vincente. Non solo per la qualità dei risultati, ottenuti con un organico da battaglia, ma anche e soprattutto per una questione identitaria. Crus, puro figlio del Mendrisiotto, tradizionalmente non proprio incline a sposare la causa bianconera, si sta ergendo a simbolo di questo nuovo Lugano. La sua squadra per ora è un polo. Anzi, il polo del calcio ticinese. Il Bellinzona scalpita, il Chiasso sta alla finestra, il Locarno è ripartito da zero. Dubito però che ci sarà posto per due squadre ticinesi in Super League, anche nel 2023 quando il campionato ne ospiterà 12. E questo per una pura e semplice questione di bacino d’utenza e di risorse finanziarie.
Volenti o nolenti, per lo meno nell’immediato futuro, il calcio d’élite ticinese sarà orientato su Lugano. Credo che si potrà ripartire dai 6390 della semifinale di Cornaredo, se la società saprà salvare e incrementare l’identità locale. Ovvio, se dall’estero dovessero giungere dei fenomeni in grado di portare i bianconeri al titolo e ai gironi di Champions League, nessuno avrà nulla da eccepire. Ma se la colonia degli stranieri servisse solo a barcamenarsi, credo sarebbe molto più proficuo un’attento lavoro di «scouting» entro i confini cantonali o nazionali.
Servono persone come il Crus. L’allenatore di Stabio, oltre alle sue indubbie doti di tecnico e di stratega, mette in campo anche il suo carattere focoso e motivante. Durante la semifinale credo abbia consumato più energie dei suoi giocatori: sempre in piedi, con quel cappellino da Bad Boy, a suggerire, gesticolare, ad agitarsi, al limite del richiamo ufficiale. Servono icone come Bottani (peccato che gli anni passino così in fretta), come Sabbatini, giunto da lontano, ma intimamente legato alla maglia, come Saipi, giovane talento venuto da Sciaffusa. Oppure i ritorni eccellenti, come quelli di Maric, Ziegler, Daprelà, che hanno portato esperienza e stabilità.
Ma questa è una musica che dovrà suonare chi sarà chiamato a fare mercato e a costruire il Lugano del futuro. Il popolo dei 6390 domenica prossima vorrà invece cantare un altro brano. Quel «Viva viva i bianconeri, viva viva la vittoria…», che sicuramente verrà consegnato ai tecnici della regia del Wankdorf. «Sa sa mai, in cas d’un bisögn!». Nel caso, sarà un canto corale: 8-9-10mila, forse di più? L’operazione treno-match allo stesso prezzo, si sta rivelando un successo. Sarà una festa? Ce lo auguriamo. Con tanto buon calcio, emozioni, passione, birra, bratwurst, e amicizia.