Ribaltare i punti di vista

/ 15.06.2020
di Aldo Grasso

Fin dalle origini della filmografia e della serialità televisiva americana, l’immaginario che ruota intorno al concetto di «LAW & ORDER» è stato fonte e ispirazione per numerose opere: il mantenimento dell’ordine ha rappresentato un tema centrale (e idealizzato) per molte narrazioni, dal mito della frontiera dei western fino ai nostri giorni. Concetto che oggi è di bruciante attualità, dal momento in cui i canali americani continuano a proporre immagini di police brutality. Il presidente Donald Trump usa l’espressione «LAW & ORDER» come se le violenze in atto appartenessero a uno show, più che a un rivolgimento sociale.

Ovviamente, la distanza che esiste tra realtà e rappresentazione è molto marcata. Nella quotidianità, la polizia raramente risolve tutto, una gran parte della popolazione afroamericana ha paura di chiamarla perché non di rado si è trovata di fronte a uomini brutali. I Cops non sono sempre eroi, ma persone normali, alcune con problemi psicologici, di violenza.

Ma noi dobbiamo occuparci di immaginario. La serie Law & Order è del 1990. «In the criminal justice system, people are represented by two different, yet equally important groups: the police who investigates crime, and the district attorneys who prosecute the offenders. These are their stories». Queste le parole che aprono ogni episodio della serie. Come a sottolineare che esiste un contrappeso istituzionale per il bilanciamento della Giustizia.

La Legge e l’Ordine, i poliziotti e i procuratori, le due facce del sistema giudiziario americano unite in un unico racconto. Ai poliziotti spetta il compito di far rispettare la legge e ai procuratori di ricomporre l’infrazione commessa. Ogni episodio è diviso in due parti: la prima racconta le indagini dei poliziotti, la seconda i processi del viceprocuratore e dei suoi assistenti. Poco o nulla ci viene raccontato della vita privata dei protagonisti: il reato è il solo protagonista. I crimini al centro delle indagini, in alcuni casi ispirati a fatti di cronaca, sono per lo più violenti casi di omicidio, complicati da problemi sociali, primo fra tutti quello razziale. Non sempre c’è il lieto fine, e proprio la discrepanza tra le indagini della polizia e la pena è il punto di forza della serie, perché mostra con precisione il funzionamento del meccanismo giudiziario. Così, la colpevolezza dell’imputato può essere messa in dubbio ribaltando le indagini svolte dalla polizia, prove certe durante le indagini vengono annullate per un vizio di forma, il colpevole ha altri moventi rispetto a quelli dichiarati alla polizia e cambia il crimine per cui è imputato, le procedure del sistema giudiziario illuminano di una nuova luce le indagini della polizia.

Nello storytelling dell’immaginario televisivo, il concetto di «LAW & ORDER» si estende in un lungo arco di tempo dalle arringhe di Perry Mason (1957-1966) o dalle indagini del tenente Colombo (1968-2004), entrambe decisamente rassicuranti, alla giustizia solitaria di Dexter (2006). Come un vecchio eroe del West, Dexter si fa giustizia da solo in nome di una ragione che lui ritiene superiore. Rimasto orfano, è stato adottato da un agente di polizia che nota subito nel figlio un’insopprimibile tendenza omicida. Il padre tenta così di raddrizzare la perversa inclinazione di Dexter spingendolo a colpire solo i criminali impuniti.

Il telefilm americano crime, generalmente definito come «procedural drama», presenta una serie di caratteristiche stilistiche e di formato comuni: in primo luogo, una struttura narrativa costante, quasi formulaica, che prende avvio dal tradizionale quesito del whodunnit. I quaranta minuti netti che costituiscono il formato standard degli episodi affrontano il cosiddetto case of the week: un delitto che viene risolto attraverso diverse tipologie di investigazione, come la raccolta delle prove, l’interrogatorio dei testimoni, gli esami autoptici, capaci di innescare le inferenze degli inquirenti secondo i meccanismi mentali della logica deduttiva. Spesso i casi sono ispirati a vicende reali, oppure colgono l’occasione per affrontare alcuni dei temi caldi al centro dell’agenda setting statunitense.

La ricchezza di spunti narrativi è permessa proprio dalla specificità del sistema giudiziario statunitense, che presenta una molteplicità delle strutture investigative, di giudizio, di custodia, ciascuna caratterizzata da peculiari codici e convenzioni. A ciascuna sono riservate nei telefilm specifiche modalità di messa in scena. Al racconto delle vicende della polizia metropolitana (che ha ispirato serie classiche, come Dragnet, Hill Street Blues, NYPD), si affiancano così l’Fbi, gli Swat, la Dea, gli sceriffi di contea, gli agenti specializzati nella negoziazione dei sequestri, la polizia scientifica al lavoro sulla scena del crimine e molto altro.

Il clamoroso caso della morte di George Floyd insegna come, nonostante anni di straordinarie serie televisive, il problema principale non sia quello di essere, banalmente, comprensivi o politically correct, ma quello di ribaltare in modo decisivo i punti di vista, anche attraverso un immaginario che sappia farsi prassi politica, rispetto, convivenza civile.