Torbjørn C. Pedersen (per gli amici Thor), un ex soldato delle Nazioni Unite, nel 2013 ha deciso di stabilire un nuovo record: visitare tutti gli Stati del mondo in un solo viaggio e senza mai prendere l’aereo. Negli otto anni seguenti ha visitato 194 Paesi in treno, nave o col trasporto pubblico. Quando gli mancavano solo nove mete, è giunto a Hong Kong su una nave portacontainer proveniente dalla Micronesia ma è rimasto bloccato per quasi due anni dall’epidemia; in quell’occasione ha parecchio rimpianto la promessa di non tornare mai a casa prima di aver vinto la sua scommessa. Quanto meno avrà avuto il tempo di leggere Un indovino mi disse di Tiziano Terzani, il racconto di un intero anno, il 1993, speso in viaggi evitando l’aereo dopo l’ammonimento di un indovino cinese.
D’altronde il semplice progetto di visitare tutti i Paesi del mondo non basta più per essere accolti nel Guinness World Records; almeno duecentocinquanta persone lo hanno già fatto, entrando a far parte di Every Country Club. Ormai per essere presi sul serio bisogna aggiungere un ulteriore vincolo, per esempio senza aerei, come nel caso di Thor, o nel minor tempo possibile. Una giovane americana, Taylor Demonbreun, ha impiegato solo 1 anno e 189 giorni; la maggiore difficoltà è stata ottenere in tempo tutti i visti necessari, specie per i Paesi difficili (Bad Lands) come Corea del Nord, Afghanistan, Iraq, Siria, Sudan del Sud eccetera. Un altro americano, Drew Binsky, se l’è presa decisamente più comoda e per vedere tutti i Paesi del mondo a costo zero ha impiegato una decina d’anni, prendendo 1458 aerei e 1117 autobus. Strada facendo ha infranto anche lui un paio di record: il maggior numero di siti UNESCO visitati in 24 ore e la valigia fatta nel minor tempo (35,59 secondi).
Da qualche tempo però queste imprese hanno perso molto della loro attrattiva. Per i viaggiatori più raffinati il viaggio è molto più di una semplice lista di Paesi da spuntare (Fatto! Fatto!). E poi naturalmente c’è la questione ambientale. I voli aerei da soli ammontano a circa il 2% di tutte le emissioni di anidride carbonica e più della metà (55%) si deve proprio al turismo (per un confronto, solo 11% i viaggi d’affari). Per questo sempre più persone si vergognano di volare (un sentimento spesso indicato con il termine svedese Flygskam) e sottoscrivono impegni a non viaggiare in aereo per un anno almeno (nel Regno unito nel 2019 in quasi settemila hanno aderito al No-Flying Pledge proposto da Flight Free UK). Ma soprattutto, dopo il difficile bilancio di COP26 (passi avanti o bla bla bla?), l’idea di andarsene in giro per il mondo senza uno scopo appare sempre più irresponsabile. La vera domanda semmai è: potremo ancora viaggiare come in passato? A cosa dovremo rinunciare per contenere il riscaldamento globale?
La risposta è sorprendentemente semplice: dobbiamo rinunciare ai viaggi brevi e frequenti, ai week-end di turismo internazionale, insomma a quel modello di turismo creato dalle compagnie low-cost: Why not? (Perché no?) era un perfetto slogan di easyJet, in favore di viaggi senza troppe motivazioni.
La fine dei viaggi brevi e frequenti non è tuttavia la fine del turismo. Leo Hickman, a lungo una firma di punta del «Guardian», è oggi il direttore di Carbon Brief, un sito web inglese specializzato nelle politiche del cambiamento climatico. Già da qualche anno Hickman propone un modello di viaggio su base triennale perfettamente sostenibile. Per il primo anno si resta nel proprio Paese, muovendosi a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici. L’anno seguente si può estendere il proprio raggio d’azione all’intero continente, usando soprattutto il treno, o l’auto se si viaggia in gruppo. Con queste poche e sensate limitazioni ci si guadagna un meraviglioso viaggio internazionale, anche sino all’Australia se vogliamo, per il terzo e ultimo anno. Poi si ricomincia da capo.
Dunque di regola un solo viaggio all’anno, di lunga durata. Nel suo slancio verso il futuro questo modello è anche un ritorno al passato, quando per esempio le famiglie restavano al mare per un mese intero, intessendo relazioni destinate a rinnovarsi ogni estate. Inoltre, questo schema triennale propone viaggi diversi tra loro, da ogni punto di vista, e quindi più interessanti e particolari rispetto al banale mordi e fuggi scandito dal ritmo incalzante dei voli e riflesso nei selfie sui nostri smartphone. Proviamo?