Il regno di Marco Odermatt rischia di durare poco. Il vincitore della scorsa edizione della Coppa del Mondo di sci alpino, nonché dominatore di quella attuale, avrebbe i mezzi per prolungare il suo regno. Non ha ancora compiuto 25 anni. Domina con facilità disarmante in due discipline, gigante e superG. Presto o tardi riuscirà ad apporre il suo sigillo anche sulla discesa libera. Ci sono tutte le premesse affinché possa inanellare un filotto degno del monarca che lo ha preceduto. L’austriaco Marc Hirscher, prima delle estemporanee imprese del norvegese Aleksander Aamodt Kilde e del francese Alexis Pinturault, ha messo in bacheca otto Sfere di cristallo, tra il 2012 e il 2018.
Considerando che tra i ventenni di oggi, per ora, non si intravedono fenomeni planetari, tutto lascerebbe supporre che lo sciatore nidvaldese possa quantomeno avvicinare le cifre del campione di Annaberg im Lammertal. Con ogni probabilità non sarà così. A meno che le comunità alpine non decidano di sacrificare tutto sull’altare dello sci. Tutto, significa investire massicciamente nell’innevamento programmato e artificiale. Ma significa anche essere consapevoli del fatto che ciò comporterebbe un travaso di priorità, dalle esigenze della comunità a quelle di una ristrettissima élite di competitori.
In un contesto in cui prende sempre più piede l’idea che, per tentare di frenare il surriscaldamento del pianeta, si debba assolutamente attuare la decarbonizzazione a favore di energie pulite e rinnovabili, è lecito chiedersi se è giusto trasportare con gli elicotteri la neve sulle piste di Gstaad, oppure investire acqua e soldi, per disegnare ad Adelboden una striscia praticabile per due giornate di gare. L’ottimista che si nasconde in me, sogna che la comunità scientifica si stia sbagliando e che dopo un paio di stagioni avare di neve si possa tornare al favoloso inverno 2020-2021, durante il quale le ciaspole erano necessarie anche per andare a fare la spesa. Tuttavia, la mia parte razionale, che ama leggere e documentarsi, teme che climatologi, glaciologi, geologi e scienziati di varia formazione abbiano ragione. Siamo al capolinea. O quanto meno siamo all’ultimo rilevamento intermedio prima del traguardo.
Un altro aspetto da non sottovalutare è l’impatto delle scioline fluorate sul territorio. Si tratta di sostanze tossiche la cui biodegradabilità è quasi impossibile. Secondo una ricerca commissionata dalla Federpesca grigionese, documentata dalla rivista «Pro Natura Magazine», risulta ad esempio che in Engadina si pesca l’80% in meno rispetto a 20 anni or sono, e che nei laghetti sui quali in inverno si pratica lo sci di fondo, un pesce su due ha assimilato i fluorocarburi contenuti nelle scioline.
Gli ambientalisti più apocalittici sostengono che neppure la somma di scelte consapevoli e virtuose riuscirebbe a invertire la tendenza. Ovviamente non ho strumenti né per approvare, né tantomeno per confutare. Semplicemente spero. Non me ne voglia Marco Odermatt. Vorrei che il suo regno durasse fino al nono sigillo. E che dopo di lui giungessero altri campioni in grado di dare ancora vita a quel fantastico gioco intitolato «Chi è il più grande di tutti i tempi». Ma temo che non sarà così. Godiamoci questi ultimi scampoli di spettacolo e cominciamo a pensare seriamente a come potrebbero essere reinventati il turismo e lo sport in montagna. In fondo nulla e nessuno ci impedisce di camminare, correre, arrampicarci, pedalare, volare con il parapendio, o con la tuta alare, fare canyoning e altro ancora. Basterebbe un’idea originale per sostituire degnamente una disciplina sportiva come lo sci alpino che storicamente ci regala emozioni profonde e senso di appartenenza al nostro territorio.
Da anni lo ski jumping è praticato anche sull’erba. La stessa cosa accade con lo skiroll, perfetto sostituto dello sci di fondo. Perché non provarci anche con lo sci alpino? Chissà che, con una semplice e banalissima trovata, non si riesca a dare continuità all’epopea di Marco Odermatt e nel contempo a salvare e alimentare ulteriormente un settore fondamentale dell’economia di molti Paesi. E poi diciamocela tutta. Questa auspicabile idea geniale, ci porterebbe a Wengen, Courchevel o Kitzbühel anche d’estate, a seguire in bermuda, maglietta e infradito le imprese degli sciatori. Vuoi mettere, che vita!