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Ragazzi fragili e senso di appartenenza

/ 19.06.2017
di Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia, 

sono seriamente preoccupata, e mio marito non lo è di meno, per il dilagare della «Balena blu» . Abbiamo paura che nostra figlia Valeria divenga una delle tante vittime.

Valeria è una ragazza seria e intelligente, come mi hanno ripetuto i suoi insegnanti sin dalle elementari, ma è anche molto fragile. Per il suo carattere chiuso e introverso ha sempre fatto fatica a fare amicizia. Anche adesso, che ha 15 anni e fa il Liceo, preferisce stare in casa piuttosto che uscire con gli amici. Solo ultimamente ha legato con una coetanea, Mara altrettanto isolata.

Mara ha una famiglia difficile per cui rimane spesso sola e Valeria, altrettanto schiva, passa ore a parlare e chattare con lei. Leggendo le loro mail sono venuta a sapere che quest’inverno Mara ha fumato uno spinello e si è sentita male. Non vorrei che il suo esempio inducesse nostra figlia a fare altrettanto e rimango incerta se far finta di niente oppure intervenire con determinazione impedendo a Valeria di usare il computer, se non per le ricerche scolastiche (in mia presenza) e di conversare con la sua discutibile amica. Che ne dice? Grazie del suo parere. / Adriana

 

Cara Adriana, 

prima di entrare nel merito della questione che pone, vorrei informare i lettori di che cosa s’intende quando si parla di «Balena Blu» o di « Blue Whale» (sull’argomento si veda anche «Azione» del 12 giugno, pag. 25, ndr.). Si tratta, non di un gioco, ma di una sfida pericolosa, lanciata in Rete per adescare gli adolescenti più vulnerabili e isolati, ragazzi bisognosi di sentirsi appartenenti a un gruppo e dominati da una personalità intransigente che supporti il loro debole Io. Tutto comincia con la sottoscrizione di 50 regole che vanno dalla promessa di non informare i genitori a una obbedienza totale e incondizionata che comporta di svegliarsi alle 4 di notte e di eseguire tutto ciò che viene richiesto in una crescente esposizione al rischio. Si va dal seguire un film dell’orrore in televisione, sino a tagliuzzarsi le braccia, camminare di notte lungo i binari, salire sui tetti e infine… suicidarsi.

Il modello è quello dei cetacei che, smarriti e incapaci di rientrare nel gruppo, finiscono per morire arenati su una spiaggia. Non sappiamo in quanti casi si sia giunti a realizzare quel macabro comando, ma il rischio esiste e gli educatori devono prevenirlo con interventi tempestivi e adeguati che impegnino scuola e famiglia a una responsabile collaborazione. La prima mossa consiste nel rompere il muro del silenzio. Sappiamo che gli adolescenti ricorrono spesso al segreto per dimostrare la loro indipendenza, per non sentirsi bambini piccoli, sottoposti all’autorità dei genitori. Se comprendono che gli adulti sono informati e competenti, la sfida perde gran parte del suo fascino.

Vale dunque la pena di parlarne, senza tuttavia eroicizzare le vittime, anzi sottolineando come, volendo sfuggire al controllo dei genitori, cadano in una dipendenza ancora maggiore che, suggestionandoli, li priva di libertà e di iniziativa rendendoli marionette nelle mani di un sadico burattinaio. Quanto all’amicizia di Valeria con Mara, anche in questo caso cercate di rompere l’isolamento e il segreto invitando le due amiche a una gita, a un concerto, a una cena in pizzeria.

Sarà un’occasione per conoscere il legame che le unisce senza turbarlo con paure e sospetti.

Infine non mi sembra il caso di punire vostra figlia (perché così sarebbe vissuto il provvedimento) impedendole di usare liberamente computer e cellulare. Visto che non ha fatto nulla di male, sarebbe meglio un controllo discreto come quello che avete compiuto sinora.

Ma, lo ripeto, è il gruppo dei coetanei che deve responsabilizzarsi imparando, soprattutto a scuola, a conoscere tutte le risorse dei social media, anche quelle positive. Mentre la paura rende l’esperienza più emozionante e il rischio più coinvolgente, la competenza tecnica ed espressiva incrementa la razionalità e la creatività.

Tempo fa, invitati a realizzare in classe una serie di video e brevi filmati, gli studenti di alcune scuole medie superiori si sono impegnati in una rappresentazione, talvolta seria talvolta ironica, di che cosa significhi essere adolescenti oggi. Invitati a presentarli pubblicamente, si sono sostenuti con un tifo da stadio ricavando da quell’impresa un senso di appartenenza e d’identità che nessuna Balena Blu avrebbe potuto scalfire. Credo che anche noi adulti dobbiamo superare la paura e il sospetto creando occasioni di collaborazione e d’incontro capaci di stabilire, tra le generazioni, un clima di fiducia e di speranza.