Non c’è solo la pandemia con le sue sempre nuove varianti nelle nostre ansie quotidiane. C’è anche l’«infodemia», che l’ha preceduta e che ora l’accompagna al suo massimo grado. Giorno e notte siamo inseguiti, pedinati, oppressi da una sovrabbondanza di notizie sotto forma di testi, voci, immagini. Un martellamento che entra nelle stanze con l’impeto di un’alluvione. Il pestifero virus, certo; ma anche la sorte degli uiguri, la crisi del Venezuela, la morte delle foreste in Alaska, le mire della Cina su Taiwan, in un crescendo che finisce per generare sensi di colpa, per tacere del «climate change» che pende sul nostro capo come una spada di Damocle. Davvero siamo tutti colpevoli, come sosteneva Camus?
Inermi di fronte a tante sventure (la comunicazione globale ha ristretto il mondo) attiviamo le nostre difese: indignazione, rifiuto, indifferenza, assuefazione. In qualche modo si stacca la spina, si chiede di fermare la giostra, nella convinzione di poter lacerare le fibre di questo enorme bozzolo che tutto avvolge e soffoca, in modo da permettere, almeno per un momento, di riprendere fiato. Ma è davvero possibile la disconnessione nel nostro congestionato balcone svizzero-italiano, esposto a tutte le correnti d’aria possibili e immaginabili, da nord e da sud? Esiste da qualche parte un eremo che smorzi i cadenzati echi delle «breaking news»? No, un riparo del genere non esiste e nemmeno vale la pena di costruirlo. Meglio attrezzare le difese con le armi del raziocinio e della critica, magari riprendendo insegnamenti e avvertimenti già espressi in passato dal alcuni nostri intellettuali attivi nel settore.
È con questo spirito che abbiamo sfogliato due pubblicazioni recenti, testi che ricordano l’operato di due dirigenti radiotelevisivi di lungo corso, nati subito dopo la prima guerra mondiale: Bixio Candolfi (1919-2018) ed Eros Bellinelli (1920-2019). Una vita lunga e alacre la loro, trascorsa tra radio Monteceneri e gli studi televisivi, alla costante ricerca di un equilibrio, mai definitivamente raggiunto e fissato, tra la sfera locale e gli orizzonti globali. E non è un caso che l’espressione campeggiante su entrambe le copertine sia «confini»: Da Comologno al mondo. Bixio Candolfi senza confini, a cura di Danilo Baratti, Patrizia Candolfi, Diana Rüesch e Karin Stefanski («Cartevive» n. 60, marzo 2020); Eros Bellinelli. Oltre confini e frontiere, volume curato dai figli Luca e Matteo per le edizioni Pantarei (2021). Confini da scavalcare per non rimanere prigionieri del localismo, come invece chiedevano – e ancora chiedono a gran voce – i cultori dell’orto di casa; barriere da abbattere per far circolare aria fresca, generatrice di idee e di progetti.
La radiotelevisione è da sempre un territorio sismico, laboratorio e specchio di incessanti innovazioni tecnologiche. Ora siamo al digitale, domani chissà. Ma non sarebbe saggio, per una comunità come la nostra, gettarsi nelle braccia dell’infosfera senza aggrapparsi a qualche salvagente. Osservava Bellinelli nel dicembre del 1984, ricordando i meriti del collega-amico Candolfi che in quell’anno concludeva la sua carriera professionale alla Rtsi: «La cultura, oltre che un modo di essere, è anche un modo di fare: il rispetto della buona lingua, per esempio, senza essere inutilmente fiscali; il rispetto delle opinioni altrui, che vale per chi parla e per chi ascolta; il rispetto della competenza, che la malafede non deve permettersi di trasformare in parzialità; il rispetto della responsabilità degli operatori radiotelevisivi e anche di quelle del pubblico». Riecheggiava in queste parole anche l’esperienza, a tratti sconfortante, attraversata da entrambi negli anni 70, allorché l’ente finì sotto il fuoco incrociato della destra per bocca dell’Alleanza liberi e svizzeri e della sinistra post-Sessantotto. In quel frangente, Candolfi volle difendere con forza la linea liberale, laica e illuminata che aveva orientato l’ente fino a quel momento.
Tanti programmi, tante emissioni, da «Per i lavoratori italiani in Svizzera» (Bellinelli) alla fortunatissima «Costa dei barbari» (Candolfi). Anche dissensi e divergenze, certo. Ma senza mai rinunciare alla legge morale che ogni giornalista doveva custodire nella propria coscienza: «Rendere più abitabile questo amaro e delizioso Paese».
Questo amaro e delizioso Paese
/ 20.12.2021
di Orazio Martinetti
di Orazio Martinetti