Chissà come vivono i due Luca più famosi del Cantone? Uno, Cereda, viene ciclicamente messo in discussione da una parte dei tifosi dell’Ambrì-Piotta. L’altro, Gianinazzi, a soli 29 anni, si è ritrovato a dirigere un progetto che da 16 anni fa fatica a decollare. Quest’ultimo, forse, è meno bersagliato di Cereda. Probabilmente perché guida l’HCL da poco tempo, e la tifoseria è portata a riconoscergli il beneficio del noviziato.
Quando leggo cosa viene pubblicato sui blog, mi chiedo se i contenuti giungano sul tavolo dei due Luca. Mi auguro di no. Spero che pure loro, come Lara Gut-Behrami, si siano sganciati dai social media. Sarebbe la miglior terapia per tentare di lavorare serenamente. Spesso partono bordate, missili terra-aria, offese verbali che possono aprire ferite a volte difficili da ricucire. Luca e Luca lo sanno. Se le cose vanno male, saranno loro a pagare. È la legge dello sport. Ma è soprattutto la legge del mercato. Costa meno cacciare un capro espiatorio, che sbattere fuori dallo spogliatoio cinque o sei leader negativi.
Gianinazzi si è ritrovato fra le mani un importante capitale sportivo, storico, finanziario. Il Lugano ha una tradizione vincente. Sette titoli nazionali inanellati in soli 20 anni, tra il 1986 e il 2006. Sono risultati che hanno ingolosito il palato del pubblico bianconero, che anno dopo anno, attende la resurrezione. La società, dal canto suo – dopo aver bruciato un numero considerevole di allenatori, ivi compresi alcuni gioielli di famiglia come Sandro Bertaggia, Jörg Eberle, Kent Johansson, Mats Waltin – ha deciso di separarsi da Chris McSorley e di affidarsi, con un po’ di anticipo sulla tabella di marcia prevista, a colui che è stato definito come «l’uomo del progetto». Tuttavia non c’è stata la svolta. Si è visto qualche miglioramento qua e là, certamente, ma non al punto da riportare il Lugano in zone della classifica più consone al suo blasone, e al suo organico attuale.
Un altro allenatore, russo, nordamericano scandinavo che sia, probabilmente avrebbe già pagato pegno. Ma non Luca. Ed è un bene. Se «progetto» deve essere, che «progetto» sia. Dopo 16 anni di digiuno si tratterà di pazientare, per poter rivedere di nuovo i bianconeri nelle parti alte della classifica. L’ottavo titolo non è una chimera, anche se è fuori di dubbio che l’attuale forza finanziaria dell’HCL è lontana da quella dei club faro della Lega. Nello sport – e l’hockey su ghiaccio non fa eccezione – «c’est l’argent qui fait la guerre».
Diverso il discorso per l’Ambrì-Piotta. Anzitutto perché il suo pubblico non ha ragione di essere viziato, nonostante in passato i leventinesi abbiano saputo accendere l’interruttore della fierezza. Tuttavia la Coppa Svizzera vinta nel 1962 appartiene alla preistoria. E i tre trofei continentali conquistati sul finire dello scorso millennio, sono stati offuscati dalla finale persa nel 1999 contro il Lugano. In Valle manca un titolo nazionale. Il popolo biancoblù ne è cosciente: vederselo recapitare sarebbe una sorta di miracolo cosmico. E questa consapevolezza lo rende, da un lato, ammantato da un’allegra e commovente rassegnazione, dall’altro, più affezionato alla squadra.
Prima di Natale, la sconfitta contro l’Ajoie, ultimo della classifica, ha scatenato le ire dei leoni da tastiera che volevano lo scalpo di Cereda. Salvo poi ricredersi 24 ore più tardi, quando i biancoblù, sul ghiaccio di casa, hanno pietrificato lo Zurigo vice campione nazionale. «È l’Ambrì, lo sappiamo, è fatto così». Questo il ritornello che rimbalzava di bocca in bocca in una Gottardo Arena quella sera gremita come sempre. E se la squadra leventinese avesse perso anche contro i Lions? Sarebbe stato un problema di breve durata. Il percorso trionfale alla Coppa Spengler ha illuminato gli animi e saziato gli appetiti della tifoseria. Parimenti ha risollevato le quotazioni del Mister.
Fino a quando? Il tradizionale panettone, Luca Cereda se lo è gustato da condottiero. Il brindisi di San Silvestro, da autentico eroe. Lui sa tuttavia che la gloria e la gratitudine possono essere effimeri. Intuisce che alla prossima sequenza negativa potrebbe trovarsi di nuovo sulla graticola, a mo’ di costina o di bratwurst. Che vita, che stress!
Cari Luca e Luca, auguro che le circostanze, chiamiamole così, vi permettano di lavorare serenamente. Nel 2023 e oltre.